Gli XX nel Parco della Musica
[MUSICA]
ROMA – La giovanissima band degli XX proveniente da Wandsworth – quartiere a sud-est di Londra – attualmente sulla cresta dell’onda e reduce da un enorme successo di critica e pubblico ottenuto con il loro album di debutto omonimo XX (2009) ha suonato in concerto all’Auditorium Parco della musica lo scorso 6 luglio in occasione della rassegna musicale Luglio Suona Bene.
Il disco in questione è stato prodotto dalla stessa band e registrato, sembra, prevalentemente di notte in un piccolo garage attiguo allo studio della casa discografica indipendente XL Recordings, già produttrice di molti gruppi della scena indie-pop come Peaches, M.I.A e Vampire Weekend.
In seguito al recente abbandono della formazione da parte della chitarrista e tastierista Bari Qureshi il rimanente trio è stato costretto a disdire numerosi live per ricostituirsi come gruppo e ripensare le esibizioni dal vivo alla luce del notevole cambiamento, ed così che Jamie Smith, Romy Madley Croft e Oliver Sim sono giunti a noi e alla performance nella cavea dell’Auditorium.
L’esibizione romana – unica data italiana del tour – è stata all’altezza delle aspettative di una band che in questo momento può godere dell’appellativo di rivelazione internazionale, e coerente con le atmosfere eleganti e notturne di cui l’album è intriso e che sprigiona ogni loro singolo pezzo. Quello che infatti portano in scena gli XX è uno spettacolo di atmosfere notturne, silenzioso, si potrebbe dire “da luci spente”. Intimo, minimalista, uno di quelli che sembra prendere vita apposta per lo spettatore che avvolge il pubblico nella penombra in cui tutto lo show si svolge discreto.
La platea che la band si trova davanti all’Auditorium è numerosa e quando entrano in scena e accennano alle prime note del brano “Intro” (usato spesso durante i filamti delle Olimpiadi invernali di Vancouver 2010), cui è affidata l’apertura del concerto, risponde con un entusiasmo che va crescendo durante l’intera –e purtroppo troppo breve– esibizione.
E’ infatti la semplicità rarefatta delle melodie della musica del gruppo a conquistare da subito il pubblico che non arresta la sua spinta a partecipare con cori e applausi al concerto, nonostante la scarsa imprevedibilità rispetto all’ascolto dell’album che viene replicato fedelmente. Non manca comunque qualche guizzo, come quando la band si concede una citazione con il rifacimento delle tastiere che nel 1983 fecero il successo di Bronski Beat con il singolo “Smalltown Boy”.
Dopo il primo pezzo, segue “Crystalised” (numero uno di Itunes Uk nell’agosto 2009) che apre la strada a una scaletta che mostra una scelta sapiente nella successione dei classici tratti dal disco di debutto e che, riuscendo a mantenere alta l’attenzione degli spettatori, raggiunge il culmine a circa metà, quando con “Fantasy” la chitarra si fa eterea e Oliver Sim diventa padrone del palco e una sorta di vera e propria estasi prende piede fino alle architetture elettriche di “VCR”, “Teardrops” e “Night Time”.
La chiusura, in un’atmosfera più crepuscolare e suggestiva, è invece affidata a melodie più dolci – forse al limite del melenso – con “Basic Space”, le chitarre di “Infinity” e le note di “Star”.
I presupposti per diventare una certezza nel panorama musicale odierno sembrano esserci, ma il rischio di essere risucchiati da uno stile che è immediatamente riconducibile alle sonorità new wave degli anni Ottanta e alle atmosfere vocali dei Novanta e ancora mancante di soluzioni musicali originali potrebbe essere in agguato.
Alice Salvagni
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