Garofano Verde: Spell
[TEATRO]
ROMA- Torna anche quest’anno Garofano Verde – Scenari di teatro omosessuale. La rassegna, tenutasi al Teatro Belli di Roma dal 3 al 23 giugno, “fa leva su esclusivi motivi intellettuali e creativi di militanza scenica e riconferma la propria vocazione a tracciare un terreno comune coinvolgente poetiche e trame sociali, ma anche più tipi di solidarietà di autori-attori-registi, di partner sostenitori (inedita davvero, quest’anno, la condivisione del sostegno tra una istituzione pubblica come il Comune di Roma e una realtà privata come la società di Luca Barbareschi [Casanova Multimedia, ndr]), e di più pubblici indistinti.”
Giunta alla sua diciassettesima edizione, la manifestazione presentava anche quest’anno un ricco cartellone di eventi; minimo comune denominatore, la sensibilità e l’immaginario omosessuale di autori-attori-registi-testi portati in scena. Una buona occasione non solo o non tanto per presentare un universo spesso sconosciuto ai più, ma anche un momento per riflettere sulla situazione contemporanea spesso ancora pervasa da fobie e discriminazioni.
Inaugurata dallo spettacolo di Antonio Rezza, che abbiamo già seguito e recensito per voi (http://www.martelive.it/martemagazine/martemagazine-report-live/6765-doppia-identita-elevata-al-superficiale), la serie di spettacoli in scena al Belli ha annoverato tra gli altri, una conoscenza del MArteMagazine, il regista, drammaturgo e musicista Alessandro Fea.
L’artista romano ha abituato il suo pubblico a storie spesso amare, in cui l’amore in tutte le sue declinazioni –parentale, amicale e coniugale sia etero che omosessuale –, diventa l’espressione più universale del comune desiderio di uscire fuori da sé per comunicarsi al mondo.
Per Garofano Verde Alessandro Fea ha proposto uno spettacolo atipico, un concert&reading tutto concentrato sul suono: quello della parola e quello della musica, dal titolo esplicativo, Spell.
Affiancato da Michele Balducci (voce/reading), lo stesso Fea (rarità) era in scena alle prese con chitarra, piano, sitar, synth e loops, per riarrangiare le canzoni proposte.
Lo spettacolo alterna momenti musicali a reading, spaziando in un repertorio che è il background dell’immaginario omosessuale: dai testi di Sarah Kane alle canzoni degli Smiths, tutto parla di quel desiderio di comunicarsi e di non scoprirsi irrimediabilmente, ontologicamente soli.
L’alternanza di letture e canzoni, catalizza l’attenzione su quella parola Spelled, scomposta e resa protagonista nel suono.
Unica pecca: la sensazione che il tutto sia durato un po’ troppo e che per questo corra il rischio di appesantirsi e di appesantire l’uditorio.
A parte questo minuscolo neo, la sperimentazione è fluida ed efficace, la commozione assicurata.
Chiara Macchiarulo
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