Bristol e il pop- surrealismo Made in USA
[ARTI VISIVE]
BRISTOL- Se la forza accentratrice che esercita Londra non fosse così devastante, credo che potremmo sentire più spesso parlare di una città come Bristol. Una vera meraviglia per coloro che amano l’arte contemporanea e la musica, ma che rimane una città ai più sconosciuta.
Lo scorso week end nella città che ha dato i natali a Bansky e alla street art europea, alla musica dub e al trip-hop, è sbarcato da Los Angeles, Richard Scarry direttore artistico della Corey Helford Gallery, (una delle gallerie più in auge della west coast) per presentare Art From The New World, un’esaltante collezione di opere realizzate fra il 2008 e il 2010 dagli artisti più in vista della scena pop- surrealista americana, un mix di giovani talenti emergenti e artisti già affermati.
Richard Scarry ha definito questa new wave americana come una sorta di evoluzione del movimento pop- surrealista, nato in California verso il finire dei ’60. Ma in cosa consiste questa innovazione? Seppure risulti difficile poter definire un insieme di tratti comuni in una così vasta gamma di opere e di stili, è interessante notare che in molti dei lavori presenti, balza immediatamente all’occhio una costante “trasposizione cronologica“. Con questo termine intendo definire il tentativo di compiere un accostamento fra antico e ipermoderno, una ripresa di stili e tecniche retrò inserite in contesti contemporanei e futuristici, producendo nello spettatore un senso di piacevole disorientamento, risultando talvolta geniale, talvolta un pò kitch. La fusione di elementi classici, come la ritrattistica, la ripresa del paesaggio bucolico, soggetti che ricordano le pose delle rappresentazioni dei motivi religiosi, fanno da sfondo a soggetti figli della società dell’immagine e post-industrale, come i personaggi dei fumetti, la simbologia degli emoticon, dei cartoon, la ripresa di personaggi del mondo della fantascienza come elfi, folletti, umanoidi e la galleria dei personaggi psichedelici. Questa contaminazione, ci porta a inserire in contesti sorprendenti simboli così distanti e scioccanti, ma che allo stesso tempo capaci di trasmettere una notevole forza espressiva e comunicativa, proprio perché immersi in questo caos.
Non è un caso che molti degli artisti presenti di formazione siano fumettisti, tatuatori, grafici e fotografi. E’ un arte che viene definita “lowbrown”, ovvero arte popolare, non cerebrale, non è necessario possedere particolari competenze per leggerne il significato. Essa parla un linguaggio comune, immediato e di forte suggestione, come ci raccontano le mille contaminazioni di opere come i cerberi tempestati di Swarowsky di Elisabeth Mc Grath, la principesse egizie in stile Avatar, il riposo di un pellicano su di un frigo in mezzo al mare, geniale trasposizione di Martin Wittfooth con il suo Fish Market. Superman e Miss America e i feticci della cultura e della subcultura statunitense, presi e decontestualizzati, rivisti in maniera critica, ironica e talvolta erotica.
Il West Tea-Party di Natalia Fabia è una delle opere più sintomatiche di questa fusione. Un party a bordo di una piscina in cui 4 donne danno sfoggio della loro sensualità. Queste dame ricordano le “ninfe al bagno” che hanno ispirato pittori e cineasti, inserite in un contesto che rimanda agli immaginari delle celebrities che scorgiamo nelle riviste di gossip. Dalle semidivinità greche alle star di Hollywood, in una sorta di evoluzione del concetto di femme fatale, affascinante ed inarrivabile per via di quell’aurea di perfezione che le ammanta.
Claudio Aleotti
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