Game Over
[TEATRO]
ROMA- Pezzo unico per due corpi femminili pronti a interagire con gentile efferatezza all’interno di una scarna scacchiera a dimensione umana, Game Over è lo spettacolo portato per la prima volta a Roma, negli spazi dell’Atelier Meta-Teatro di Trastevere dal 26 al 31 gennaio scorso.
Ilaria Gelmi ed Elisa Turco Liveri sono le pedine d’un gioco scenico che procede per sfinimento, incastrate in una struttura dai limiti spazio- temporali e mentali di cui spesso si è paradossalmente insieme artefici e vittime e di cui, tra divieti, ostacoli, leggi e ordinanze, si può uscire solo non cercando una soluzione.
Tra meccanismi automatici e movimenti geometrici, in cerca del più squilibrato tra gli equilibri possibili, quello del rapporto tra immaginazione e vita reale, i corpi delle due attrici agiscono per deragliante compensazione, cercandosi e sottraendosi a vicenda nella diversità speculare delle caratteristiche somatiche (una più spigolosa, l’altra più rotonda), dell’abbigliamento e portamento (l’una in bianco, l’altra in nero), del tono di voce (dal candido allo stridulo), dell’intensità di sguardo (dall’infantile all’erotico) e insomma per luminosa e difforme presenza scenica.
Mossa da autonomia alienata e regolata da una regia che impone con rigore i passi da compiere, l’azione tenta di procedere (ritornando più volte su sé stessa) impigliandosi nelle spesso invisibili strutture coercitive della società, tra i ritmi martellanti del planning giornaliero, le tappe obbligate della crescita omologata e il ricorso al palinsesto televisivo come metafora del vivere ordinato.
Rielaborando la divina crudeltà delle maschere-persona di Bergman, il beckettiano vagar assurdo in un recinto svuotato di senso, il sorvegliare e punire (il corpo e la mente) di Foucault mescolato al grande occhio orwelliano, l’infernale scambio d’identità delle serve di Genet e il carrolliano cortocircuito tra dimensioni, qui ci si trova coinvolti in un’inedita, vivificante congiunzione teatrale in cui il diletto per il gioco si incontra con la lucidità dell’accorgersi “giocati” e con l’angoscia del non riuscire a svolgere il compito assegnato.
Di corsa, di fretta, tentando di vincere eliminando ogni dubbio, verso il raggiungimento di record o il superamento di handicap, tipico della sfera aziendale, con l’ansia da prestazione che inceppa il ricorso alla memoria, Game over mina alla base – facendone parodia – la competitività tipica della subcultura della performance, quella che ha per modello la prestazione sportiva (qui più volte un fischietto perfora i nostri timpani) e in cui l’aspetto energetico è enfatizzato al massimo grado.
Suggerendoci forse che è proprio rigettando questa tipologia di “eccellenza” ed efficacia, e provando a riconciliarci con le più vitali e umane imperfezioni dell’anima, che ad un destino prêt à porter si riesce a sostituire una via (d’uscita) singolare e altamente autocosciente.
di e con Ilaria Gelmi e Elisa Turco Liveri
voce fuori campo Maria Vignes
suono Giacomo Cerrato
luci Giovanna Bellini
collaborazione artistica Alessandro Sanmartin
costumi Olivia Bellini
Salvatore Insana
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