Rocco, Ciccio e Arturo
[TEATRO]
ROMA- Giunta frettolosamente, perché in ritardo, lo scorso 15 novembre al Teatro allo Scalo di Roma appropinquandomi all’entrata, vengo travolta inevitabilmente da profumi intensi che hanno superato il muro berliniano che intasava le mie vie respiratorie e, inalandoli involontariamente hanno alterato il mio stato percettivo- mentale mandandolo in totale confusione, ma…
dilemma risolto, una cucina improvvisata, una pentola fumante, un tavolo, patate, cipolle e tanti altri piccoli ingredienti tra fantasia, ironia, un pizzico di malinconia e “romanticheria”.
Tutto questo fisicamente e concettualmente ha caratterizzato lo sfondo e l’essenza di questa performance.
Rocco Papaleo “ristoratore” , voce e narratore accompagnato da Francesco Accardo alle prese con i fornelli e la chitarra e il cameriere/pianista Arturo Valiante che insieme, contestualizzando questa performance, hanno aromatizzato e condito la messa in scena a loro piacimento, mentre questa continuava ad evolversi nel suo divenire, come ci diceva uno dei protagonisti.
Tre artisti che mettono in mostra un ritratto d’autore, perché ognuno mostra infatti una parte di sé, scegliendo un iter e convergendo in un punto focale finale, che ondeggia nel suo tracciato.
La note sempre dolci, penetranti e molto soft del pianoforte che risuonano nella testa e nel cuore, la chitarra energica che segna il tempo e la circostanza e poi, la voce e le parole che prendono forma ‘come creta’, perché tattili, attraverso i gesti e il modularsi dell’intonazione. Papaleo slalomista d’eccezione, simula, racconta, parla, suona e canta.
Attento alle minime sfumature, chiare le sue descrizioni, troppo vere per non essere vere, racconta la vita, i fatti, le storie della gente, e parla anche di sé.
E questo è il bello della scena perché si parla del sé, intriso anche di ‘te’. E qui comincia il gioco dell’artista.
Quel sapore così intenso di ironia, fuso a fuoco lento con quel retrogusto di malinconia, la musica e la parodia, una miscela davvero scoppiettante.
Ma ciò che ha contraddistinto all’istante questi tre Peter Pan è stato il loro essere così affabili, semplici e simpatici, facendoci sentire a casa e non semplicemente spettatori.
Uno spettacolo leggero nella sua forma più formale, ma così profondo nel suo essere essenziale, in scena fino al 22 novembre: suggerisco di non perderlo.
Maria Logroio
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