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I “legami di sangue” di Maddalena Fallucchi

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madlinMaddalena Fallucchi è la regista del bellissimo spettacolo Masked – Legami di sangue, tornato in scena dal 6 al 25 ottobre scorso al Teatro Due Roma. Scritta nel 1990, ma ancora attualissima e potente, Masked – Legami di sangue è stata l’opera d’esordio dell’israeliano Ilan Hatsor, allora giovane studente di teatro, che ha avuto per primo il coraggio di affrontare il tema dell’Intifada palestinese senza prendere però parti o posizioni, ma concentrandosi sulla dimensione universale della tragedia umana, perché, come dice lo stesso autore, “Il conflitto tra fratelli è uno dei più antichi conflitti nella storia delle nazioni”.

Maddalena può dirci come ha iniziato a lavorare nell’ambito teatrale?
Sono stata aiuto regista di grandi metteur en scène come Lavia, Sbragia, Scaparro e Strehler, e nel 1987 ha fondato assieme a Fulvio Fo la cooperativa di produzione e promozione teatrale Il Carro dell’Orsa, con la quale, oltre a dirigere numerosi spettacoli, cerchiamo di favorire la nascita di nuovi autori e attori italiani, contribuendo a promuovere la drammaturgia nazionale e femminile.

Perché la scelta di mettere in scena Legami di sangue?
Sempre alla ricerca di un teatro ‘etico’, impegnato ma incentrato sulle emozioni, sono rimasta masked1jpgsubito colpita dalla potenza di questo testo dell’autore israeliano Ilan Hatsor e ho deciso di portarlo in scena anche nel nostro paese.
Il teatro cosiddetto ‘civile’ che si vede oggi sulle scene è purtroppo spesso fatto di testi didattici e settari, con i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, pieni di luoghi comuni, che secondo me non servono a far ‘capire’, a creare partecipazione. Per arrivare alla gente devi prenderla sui sentimenti, coinvolgere il pubblico attraverso le emozioni. Per questo mi è piaciuto subito il testo di Hatsor. Pur avendo un altissimo valore civile e politico, infatti, è incentrato sui sentimenti, non prende le parti di nessuna fazione ma racconta gli effetti devastanti di un conflitto su una famiglia, nella quale tutti possiamo immedesimarci.

Lei ha curato personalmente anche la traduzione del testo, da quale versione è partita e quali difficoltà ha dovuto affrontare?
Per la traduzione sono partita dall’edizione in inglese, con il testo approvato dallo stesso autore, ma senza alcuna indicazione. Devo dire che non ho incontrato nessuna difficoltà particolare, il testo è molto scorrevole e comunicativo ed è bastato seguirlo fedelmente per ottenere un ottimo risultato.
Ilan Hatsor è venuto personalmente ad assistere alla prima edizione dello spettacolo e ne è rimasto entusiasta. Mi ha detto che questa era forse la migliore trasposizione mai rappresentata, complimentandosi in particolar modo per aver saputo cogliere lo spirito del testo nonché i riferimenti alla tragedia greca classica (non sempre riconosciuti altrove) che lo aveva molto influenzato mentre scriveva, avendo allora appena finito di leggere I Persiani.
masked-legami-di-sangueIo credo che questo sia merito soprattutto del fatto che le nostre culture non siano poi così diverse e lontane, accomunate specialmente dal forte senso della famiglia che pervade tutto lo spettacolo. Gli stessi attori hanno trovato perfettamente naturale calarsi nelle loro parti e far rivivere sulla scena sentimenti e reazioni che potrebbero tranquillamente appartenere a dei fratelli italiani.

Ha fatto dei cambiamenti al testo nel suo adattamento?
Direi di no, la traduzione è piuttosto fedele, anche se nel linguaggio alcune espressioni in particolare sono state calate nella cultura italiana, per renderlo più vicino a noi e aiutare l’immedesimazione del pubblico.

Ha incontrato delle difficoltà nella messinscena?
No, nessuna. Tra l’altro, si è creato subito un ottimo rapporto con gli attori che hanno immediatamente amato questo testo e si sono davvero ‘divertiti’ nel lavorarci. E credo che questo si veda nello spettacolo e contribuisca al suo successo.

Emanuela Meschini

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