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I fili di Penelope

Penelope_da_locandina
[TEATRO]

Penelope_da_locandinaROMA- Omero, o chi per lui, ci ha tramandato la storia del lungo viaggio e delle incredibili traversie capitate al prode e ingegnoso Ulisse durante il suo ritorno a casa, dopo la guerra.
Ma Penelope, come e cosa ha passato Penelope in quei lunghi venti anni di assenza e solitudine? Come ha fatto a resistere, a rimanere fedele al suo uomo e a non dubitare mai del suo ritorno?

Lo racconta Tiziana Scrocca nel suo I fili di Penelope, pièce pluri-premiata della compagnia ilNaufragarMèDolce di cui è autrice, regista ed interprete, tornata in scena a Roma al Teatro dell’Orologio dal 15 al 20 settembre e lo scorso 3 ottobre nell’ambito della Festa dei Teatri, con la supervisione registica di Chiara Casarico e la musica dal vivo di Roberto Mazzoli.
In sottoveste e piedi scalzi, su una sedia di legno impagliata, Penelope racconta come una moderna e tenera Nannarella, fragile e forte, divertente e ironica, in fondo vera eroina di tutti i tempi.
Penelope tesse e aspetta. Tesse e aspetta, ostinata, contro tutto e tutti, convinta che lui tornerà, convinta che se lei resiste, anche lui resisterà: “è sicuro che torna perché io l’aspetto”.
E per resistere inganna il tempo, suo unico malinconico compagno, tessendo ogni giorno su un mantello il viaggio di Ulisse, un viaggio in cui ne capitano di tutti i colori, perché se lui non è ancora tornato ci deve essere una buona ragione!
Ed ecco che dalla sua immaginazione di donna innamorata scaturiscono mille motivi per cui lui non torna ancora, mille ostacoli, mille giustificazioni, mille storie che tengono lontano Ulisse da lei.
Così trascorre il giorno, fermando il tempo. Ma la notte arriva quell’infame e impertinente della solitudine e tutto è più difficile, allora lei, per continuare a resistere, la notte sfila il mantello e ogni giorno ricomincia a sognare di nuove avventure.
Finché un giorno Ulisse torna davvero. Ma quello che torna non è quello che Penelope aspettava,i_fili_di_penelope-scena non è l’eroe cui lei aveva dato vita nella trama del mantello. È un uomo spento, smunto, segnato dalla guerra. Torna e non racconta, non dice nulla di quello che ha passato, ripete sempre e solo una sua cantilena “la guerra è sempre ingiusta, gli eroi sono solo un inganno, alla violenza ci si abitua prima che al rispetto”.
Superata la delusione, Penelope di nuovo non si arrende, se lui non vuole raccontare lo farà lei, continuando a tessere il suo mantello. Raccontando ad Ulisse le sue stesse avventure, tutte le fantastiche storie di dei, mostri e maghe incantatrici che si è inventata per venti lunghi anni.  Racconta, Penelope, per non dimenticare e per non morire.

Una interpretazione davvero magnifica quella di Tiziana Scrocca, le cui parole e gesti sono assecondati e accompagnati sulla scena dalla musica dal vivo del bravissimo Roberto Mazzoli, con strumenti più o meno convenzionali.
Un piccolo ma riuscitissimo spettacolo, non a caso vincitore di diversi concorsi e riconoscimenti nazionali, che tiene, trattiene e incanta il pubblico con la bravura dell’affabulazione e il fascino del cantastorie, veicolando al tempo stesso, attraverso la rielaborazione del mito, spunti di riflessione più profondi, come gli orrori della guerra e l’impegno civile della resistenza, alla violenza, ma anche all’oblio.

Emanuela Meschini

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