Giovanni Allevi: una classica popstar
NEW YORK- E’ arrivato correndo. Letteralmente di corsa. Aveva l’aria spaesata di chi ci capita per caso su un palco davanti a un pianoforte; così come fece a Londra alla Union Chapel e a Madrid, all’Istituto di Cultura Italiano. Poco importa che questa volta fosse New York e lo stage fosse quello del Carnegie Hall, il tempio della musica classica, in una delle sale più prestigiose del mondo.
La musica, sembra dire Giovanni Allevi con il suo stile, non è elitaria, non conosce palchi più o meno importanti. Serve solo un pianoforte e delle mani “buone”. E allora anche al Carnegie, jeans, maglietta nera e le inseparabili all stars ai piedi, davanti a un pubblico in giacca e cravatta. Venerdì sera, a centinaia di persone, Allevi, per la prima volta nella sala dedicata ad Hartur Zankel, ha regalato un’ora e mezza di concerto, parte del suo tour internazionale Piano Solo 2009, che l’ha già portato ad esibirsi in importanti città come Londra, Zurigo, Losanna, Oslo, Madrid, Seoul e Tokyo.
Per chi ancora non lo conoscesse, Giovanni, un ragazzo di quaranta anni, di Ascoli Piceno, è ormai considerato dopo Ludovico Einaudi, uno dei maggiori rappresentanti italiani di musica classica. Criticato dalla vecchia scuola, lui ama definirsi un compositore di musica classica contemporanea, che impiega un linguaggio nuovo, diverso da quelli sinora sviluppati. Con il suo pianoforte è regolarmente ai vertici delle classifiche italiane dei dischi pop, proprio perché i suoi pezzi spesso sono più vicini a uno stile jazz e pop che a quello di Mozart o Bach. I titoli delle sue composizioni sono sempre concreti, vicini al mondo quotidiano. “Il nuotatore”, “Notte ad Harlem”, “Monolocale 7.30 Am”.
Allevi ha preso per mano il suo pubblico e ha spiegato a parole il suo linguaggio in musica prima di ogni composizione, perché il concerto sarebbe stato “un viaggio” e lui Virgilio. Imbarazzato, spesso timido, ormai sa bene che i suoi concerti sono seguiti anche da orecchie vergini, distanti dalla musica classica, che però lui è riuscito a conquistare. “Voglio iniziare questa serata con Japan, un brano a cui tengo. L’ho scritta quando avevo 17 anni ”, racconta il pianista in un inglese incerto. “Ora vi voglio raccontare un sogno che ho fatto. Ho immaginato il grande Bach entrare in una discoteca, sentite cosa è successo” . Il brano era “Sogno di Bach”, dal ritmo veloce e diversificato: a sentire lui, sembra proprio che il genio tedesco abbia passato una bella serata. Poi è stata la volta del “Nuotatore” e di “Luna”.
“Sapete, cinque anni fa sono arrivato a New York per il mio primo concerto negli Stati Uniti. Ero davvero agitato e un giorno un uomo di Harlem mi disse che dovevo cercare di stare sereno e seguire le mie passioni, cavalcando l’onda. Ascoltate cosa ho provato, questo brano si chiama Go with the flow”. Come lui stesso ha spiegato, le musiche nascono dalla vita quotidiana, dalle sensazioni che certi eventi ti portano a provare. E se qualcuno poi le racconta a parole, altre con uno scritto, lui lo fa semplicemente riproducendo le melodie che gli balzano in testa. “Un giorno stavo in mezzo alla strada e intorno a me vedevo macchine, palazzi, centinaia di persone. Messi insieme, mi sembravano una bella sinfonia, fatta di elementi diversi che danzavano insieme. Così ho pensato di comporre Qui Danza”. E ancora, spiega Allevi: “Ho camminato spesso per le vie di Harlem e non poche volte mi sono soffermato a pensare alla vita delle persone qui e alle difficoltà che spesso alcuni di loro possono incontrare. Vi presento Notte ad Harlem”. E sulle note di una melodia lenta, triste e alla fine coraggiosa, Giovanni ha regalato a tutto il pubblico la sua idea del quartiere afroamericano a Manhattan.
Non potevano mancare, infine, i brani che l’hanno reso famoso “Back to life” e “Come sei veramente”. Solo un bis, con “Prendimi” e poi l’incontro con i fan nell’uscita posteriore del Carnegie Hall. “L’ho conosciuto di persona cinque anni fa– racconta una delle voci di Radio Icn, Massimo Bongrazio– non è cambiato per niente. Lui è veramente così timido, impacciato, allegro. Ha dato al concerto di stasera un ritmo veloce e vario, con arrangiamenti jazz alternati alle melodie classiche pure”. “Io l’ho già visto sia a Londra che a Madrid, ormai ci conosciamo, lui ha un rapporto quasi da amico con i suoi fan. Sono venuto con piacere anche oggi, in questo periodo le sue musiche stanno accompagnando la mia vita”. Felici, ma con una nota di delusione due ragazze coreane “Ormai per noi è come una rockstar. Peccato però non abbia suonato il nostro brano preferito “Aria””.
Donatella Mulvoni
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