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Villa Ada parte II

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Mannarino Show: cantautore metropolitano di favole e magie

IMG_3232Ho ascoltato la sua musica la prima volta qualche mese fa, quando una nostra redattrice fece la recensione del suo disco Il Bar della rabbia, prodotto dalla Leave e distribuito dalla Universal Music, e ricordo di aver pensato subito: “ma chi è questo? Bravo…“. Il fatto è che Alessandro Mannarino, forte lo è davvero: dalla sua ha la grinta, uno stile che è una commistione di generi diversi, e questa romanità così profusa tra le note che cessa di essere dialetto per diventare qualcosa di estremamente unico e coinvolgente.

Lo scorso 14 luglio, quando sono arrivata a Villa Ada, la domanda era ovviamente se, per caso, tutta la positività del disco la avrei ritrovata nel live. Mi sono stupita di vedere così tanta gente ad attendere l’inizio del concerto e questo ha suonato come un campanello di allarme. Positivo naturalmente. E poi, è arrivato lui.
Ha iniziato la sua serata senza dire una parola, inchinandosi al pubblico che lo chiamava a gran voce con un sorriso sghembo e sornione sulla faccia e da lì per oltre due ore non ce n’è stato per nessuno: il Mannarino Show è stato travolgente in tutti i sensi e pieno di impeti belli, positivi, da parte di chi stava sul palco, ma anche da parte del pubblico, estremamente attento, partecipe e caloroso.

Era tanto tempo che non godevo di un concerto in questo modo così leggero eppure così denso di significato, a divertirmi senza pensare ad altro che alla musica e alle sue parole. Ovviamente le canzoni presentate a Villa Ada, nell’ambito della manifestazione Roma incontra il Mondo, sono state proprio quelle del disco (a parte qualche produzione del suo passato storico di cantautore e compositore di musiche per film), che lo sta portando alla ribalta dell’underground italiano: a cavallo tra uno stornellatore d’antico stampo ed un cantautore metropolitano moderno, Mannarino condisce i suoi testi di tenerezza e realtà nuda e cruda. Onirici, surreali, i suoi racconti bislacchi partono dalle sonorità e dai ritmi della musica popolare italiana (tutta!) e si fondono con elementi di musica balcanica e gitana, jazz urbano, citazioni felliniane, evoluzioni circensi sullo sfondo di una Roma città aperta, città di confine, di passaggio, d’amor (che poi è loIMG_3133stesso che dire Roma ma leggendolo al contrario…).

I personaggi di Mannarino sembrano uscire fuori dalle sue canzoni per vivere una favola musicale che dura quei 4 o 5 minuti in cui a chi ascolta sembra di attraversare vite, storie, mondi lontani, per ritrovarsi poi con gli occhi fissi sul palco vedendo delle “zingarelle” originali, del Casilino 900, che ballano la loro danza gitana su “Tevere Grand Hotel” tra fisarmoniche e tamburello, oppure una corista (Claudia Angelini) che si rivela molto di più quando intona il ritornello de “La strega e il diamante” con una voce intensa e sicura da brividi. Anche quando Mannarino rimane solo sul palco con la sua chitarra ad accompagnare con un giro leggero di note “Il Bar della Rabbia” la fascinazione delle sue parole rimane forte: la gente canta con lui, lo acclama, lo accoglie, anticipa le sue parole e lo incita in una sorta di accompagnamento polifonico, e questo succede perché dal palco scende una carica dirompente, coinvolgente, informale, godereccia. La sensazione che si prova è quindi quella di essere un tutt’uno con il gruppo, quasi che più che un concerto altro non sia che una cantata tra amici.

IMG_3226Forse è per questo che nessuno ha mosso un dito quando le luci si sono spente sul palco dopo il primo bis. Forse è per questo che a gran voce, tutti insieme, è uscita fuori dal parterre l’intonazione della canzone che ha fatto da traino al disco: “Me so ‘mbriacato” e allora la Mannarino’s band non ha potuto fare altro che tornare fuori, prendere di nuovo posto agli strumenti e cominciare a suonare. Ad Alessandro brillavano gli occhi e col suo solito sorriso divertito e irriverente si è messo a duettare col “suo” pubblico, quello della “sua” città, quello che lo sta consacrando nell’Olimpo dei più talentuosi. Perché è proprio questo ciò che a Mannarino non manca: proprio quel diamante che ha nascosto e “po’ pigghiari sulu lui”: il talento…

Edyth Cristofaro

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