Un’Aida molto speciale
[TEATRO]
MILANO- Con l’avvento della stagione estiva è sempre più difficile trovare qualche spettacolo teatrale da recensire: fortunatamente il Piccolo Teatro quest’anno ha posticipato le sue ferie regalando alla città uno spettacolo particolare e suggestivo, reso possibile grazie all’arte della Compagnia dei Fratelli Colla, compagnia che da più di 300 anni rende le marionette protagoniste delle opere più svariate, senza mai sbagliare un colpo.
Stavolta ad esser portata in scena è addirittura una delle più famose opere liriche, Aida. Come molti sapranno Aida è un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi. La prima rappresentazione avvenne alla Khedivial Opera House del Cairo il 24 dicembre 1871 per celebrare l’apertura del Canale di Suez, avvenuta qualche anno prima. La versione alternativa (anche per quanto riguarda il finale) dei Fratelli Colla risale invece al 1980 e rinverdisce un’antica consuetudine che vedeva la messa in scena dell’opera lirica esser accompagnata da una “riduzione”, in cui le marionette prendevano il posto degli attori/cantanti in carne ed ossa. Questo escamotage consentiva a coloro, che non potevano permettersi il biglietto di ingresso al teatro di piazza della Scala, di assistere in qualche modo allo spettacolo. Del resto anche l’Aida per marionette è un vero e proprio kolossal come l’originale, anche se in miniatura: ci sono infatti palazzi, troni, sfingi, fondali dipinti, costumi sfarzosi e centinaia di marionette, ognuna diversa dall’altra. Per farsi un’idea della grandeur di questo spettacolo basti pensare che nella marcia trionfale, probabilmente una delle più note scene della lirica, sono 120 le figure in scena, compresi cavalli, dromedari, buoi ed elefanti: la parata militare, in cui si celebra il trionfo di Radames sugli etiopi, è resa talmente suggestiva dall’arte della troupe di Carlo III ed Eugenio Monti Colla da strappare un lungo e sincero applauso.
La storia vede come protagonisti principali Aida e Radamés: Aida, principessa etiope, viene catturata e condotta in schiavitù in Egitto. Qui Radamès, uno dei più valorosi condottieri del Regno, il prescelto dagli dei, si innamora della ragazza e inizia così la sua tribolazione: è infatti combattuto tra l’ amore per Aida e la fedeltà al Faraone. A complicare ulteriormente le cose ci pensa Amneris, la figlia del Faraone, innamorata del condottiero e disposta a tutto pur di sposarlo. Intanto la guerra con gli etiopi divampa e Radamés riporta una schiacciante vittoria sul nemico, catturando anche il re degli etiopi Amonasro, padre di Aida. Lo scaltro sovrano una volta in Egitto intuisce che il suo carnefice, Radamés ha un punto debole ossia l’amore per sua figlia Aida. Sfruttando questa debolezza riesce a carpire i piani dell’attacco finale egiziano e a farlo fallire. Non appena Radamés realizza il danno arrecato al suo popolo si consegna spontaneamente al Sommo Sacerdote per farsi processare: tutto questo in una scena di forte impatto, che sembra quasi interpretata da attori in carne ed ossa, tanta è l’accuratezza dei movimenti delle marionette in scena. Il processo si conclude con un’ ovvia condanna a morte per il condottiero egizio che viene seppellito vivo, ma, con sua sorpresa, scopre che Aida, innamorata di lui e con un forte senso di colpa, si è fatta seppellire con lui. A questo punto la trama diverge dall’originale, in quanto, narrano le cronache teatrali, durante le prime rappresentazioni ci fu una pressante richiesta del pubblico affinché la storia avesse un lieto fine piuttosto che un tragico epilogo. Così si scopre che Radamès oltre ad essere uno stratega è anche un proto McGyver: infatti intuisce che il salnitro che cola dalle pareti della tomba, mescolato allo zolfo e alla polvere di carbone del pavimento può creare un potente esplosivo. Il piano riesce e la “fatale pietra” e le mura circostanti crollano, in modo talmente spettacolare da stupire anche lo spettatore più smaliziato. Radamès e Aida sono così salvi e fuggono su una barca lungo il fiume Nilo verso luoghi in cui coltivare il loro sogno d’amore.
Cala il sipario, si rialza e come per magia compaiono le donne e gli uomini che hanno reso possibile tutto questo: scrosciano gli applausi e un velo di commozione sembra pervadere gli sguardi dei due decani della Compagnia ossia Carlo III ed Eugenio Monti Colla, nonostante siano da anni sulla breccia e con il loro spettacolo abbiano girato tutto il mondo da Strasburgo a Pechino.
Ad impreziosire ulteriormente lo spettacolo provvede l’edizione musicale scelta per questo allestimento: è infatti quella del 1949 con Herva Nelli, Eva Gustavson e Richard Tucker nei ruoli principali e Arturo Toscani come direttore d’orchestra. Insomma, se per caso questo spettacolo passasse dalle vostre parti, mettete da parte qualsiasi preconcetto e fiondatevi subito in teatro: non resterete delusi e vi stupirete di quante cose possa fare o essere una “semplice” marionetta.
Christian Auricchio
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