Normali Marziani
1 luglio: cinematograficamente parlando…
[CINEMA]
Mercoledì primo luglio alle ore 21, presso la sala Rossa del decimo Municipio (piazza di Cinecittà 11) ha avuto inizio la prima serata di Normali Marziani – produzioni e spettacoli dall’Italia di dopodomani. Realizzato in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Culturali e della Comunicazione del Comune di Roma, la rassegna si è riproposta il non facile obiettivo di rappresentare la realtà, attraverso stili narrativi alternativi e “piste” meno battute rispetto a quanto è solitamente veicolato dai media.
Spazio, in particolare, ai giovani che hanno avuto un’occasione di visibilità e di espressione di fronte ad un pubblico eterogeneo e incuriosito dai piccoli microcosmi narrati e da suggestive animazioni grafiche accompagnate dalla lettura di testi poetici. Oltre ad essere stata una manifestazione indiscutibilmente interessante per i contenuti, rappresenta di sicuro un’operazione, non l’unica certo, per erogare cultura anche in quartieri non centralissimi. “Lodi lodi lodi“, direbbe qualcuno ironicamente, ma a tutti i Municipi che si prodigano in tal senso non lasciando così i propri abitanti in una condizione di “fame di stimoli culturali ed espressivi”, noi plaudiamo.
La prima serata Marziana, dedicata alla sperimentazione video (grafica e videopoesia digitale, cinematografia e documentaristica), ha visto come protagonisti tre corti: il pluripremiato Sotto il mio giardino di Andrea Ludovichetti, Giganti di Fabio Mollo, miglior cortometraggio al 25° Torino Film Festival e selezionato per la 58° Berlinale ed infine LavoroLiquido di Michele Cinque, Premio Opera I.M.A.I.E. 2009 come “Miglior Documentario”.
Storie di bambini alle prese con le proprie fantasie si sono alternate al racconto del precariato attuale o al ritratto “spietato” del sud Italia costretto fra discriminazioni e storie di mafia. Una serata, quindi, all’insegna delle emozioni e dello sperimentalismo che gli studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Cinecittà hanno saputo restituire agli spettatori piccoli frammenti di esistenze che in qualche modo possiamo dire di sentire anche nostre.
(Angelo Passero)
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