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Il Premio Lum tra polvere, cemento e una vecchia cupola

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[ARTI VISIVE]

logo_mostraBARI- All’ingresso del Teatro Margherita, uno strano canto si diffonde dall’alto in tutto lo spazio. “Come in una rappresentazione teatrale, due uccelli invisibili si scambiano dei richiami d’amore, dialogano, si inseguono, si nascondono tra fronde e ghirlande dorate, attraversano repentini un cielo dipinto e fanno capolino, in un gioco di continue apparizioni e sparizioni, tra le quinte di una scenografia sospesa”.


Così Alberto Tadiello introduce la sua nuova installazione sonora, espediente lirico per farci alzare lo sguardo sulla cupola affrescata del teatro barese, eccezionale location del Premio LUM per l’arte contemporanea, una rassegna tesa alla valorizzazione del talento di giovani artisti, con età compresa e al di sotto dei trentacinque anni, che nello scenario delle arti visive in Italia, attraverso il linguaggio della pittura, della scultura, del video, della fotografia e di altri mezzi espressivi, si saranno distinti per interesse critico e artistico.
Il Premio LUM per l’arte contemporanea parte dall’idea che il rilancio del territorio passi attraverso la cultura; in questa logica si colloca la necessità di assicurare alla città di Bari e alla sua area metropolitana, un centro per la creatività contemporanea come infrastruttura essenziale e decisiva per il suo rilancio economico.

La rassegna artistica, dalla cadenza biennale, promossa e finanziata dall’Università privata LUM phpThumb_generated_thumbnailJean Monnet, è scrupolosamente e professionalmente organizzata e gestita da ben due Comitati, uno Scientifico e uno Curatoriale. La Giuria è composta dagli stessi componenti del Comitato Scientifico e designerà il vincitore del premio, tra quindici artisti, assegnandogli una somma in denaro pari a 20.000 euro. L’artista prescelto, a fronte di un tale corrispettivo, s’impegnerà a realizzare un’opera che verrà ceduta in comodato gratuito alla città di Bari.
Trattandosi di un premio con finalità di destinazione pubblica dell’opera vincitrice, la scelta degli artisti è ricaduta su coloro già predisposti a interrogare i luoghi e a rapportarsi a contesti spaziali o architettonici. Il risultato è quello di una mostra unitaria, in cui ogni intervento dialoga con gli altri oltre che col contesto, il suggestivo Teatro Margherita, chiuso da oltre trent’anni e in perenne ristrutturazione, che ora viene riaperto al pubblico, sia pure provvisoriamente e nella sua connotazione ‘sporca’ di cantiere. Effettivamente la mostra è allestita tra polvere, cemento, travi, sovrastata da una vecchia ‘affascinante’ cupola e circondata da quello che rimane di uno stanco e corroborato palco.

A dare un tocco di colore a questo cantiere in allestimento è l’installazione di Alessandro Nassiri Tabibzadeh, artista milanese di origini iraniane. La grande scritta luminosa La verità non esiste -riedizione di un lavoro ideato da Nassiri nel 2005- campeggia nella cupola del Teatro, sospesa in aria da palloni colorati. Ambigua e precaria, la frase aleggia nel vuoto, vivacizzando l’austero rigore del cantiere con il suo aspetto giocoso da stendardo pubblicitario.
Ancora più filosofico e fenomenologico è l’artista siciliano, ma romano di adozione, Alessandro Piangiamore, il quale è interessato alle possibili dicotomie presenti tra l’apparenza delle cose e la loro essenza. In termini semantici, tra il significato e il significante. Il paradosso come elemento 3584409347_6df7312011ricorrente consente un distacco da una percezione ordinaria del reale. L’idea di ‘verità’ viene quindi esplorata come concetto incerto, mai assoluto, ed è proprio questa dimensione relativista che suggerisce inattese interpretazioni. Quando il fuori di adesso era dentro e il dentro fuori (2008), opera scelta per il Premio LUM, ben rappresenta la poetica di Piangiamore: un ramo grezzo di corallo rosa del Mediterraneo viene trasformato fino ad acquisire le sembianze di un ramo di legno.

E, a proposito di realtà e illusione, verità e interpretazione, Dafne Boggeri si interroga sull’identità dei luoghi e sulla loro potenziale trasformazione in relazione all’esperienza di chi li osserva. Così, coinvolgendo alcuni cittadini baresi, l’artista ha chiesto loro in prestito uno specchio domestico che, collocato sul pavimento sotto la cupola, ce ne rimanda l’immagine riflessa, in un frammentato puzzle corale.

Un accenno particolare infine alla giovane artista pugliese Rossella Biscotti la quale ha scelto di dialogare col vecchio Teatro Margherita. Infatti, ha utilizzato lo spazio della sala teatrale per organizzare una fittizia proiezione cinematografica. Su uno  schermo che occupa il vecchio palco del teatro, l’artista ha proiettato lo slogan di epoca fascista:” La cinematografia è l’arma più forte“, come fosse l’unica immagine di uno spettacolo mai iniziato o sempre sul punto di cominciare.

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