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Finding Palestine: storie e sentieri di una Terra

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[INTERCULTURA]

Foto0047ROMA- L’Associazione Giovani Palestinesi Wael Zuaiter e l’Associazione Culturale Aktivamente hanno presentato la scorsa domenica 31 maggio al Circolo degli Artisti di Roma, nell’ambito delle rassegne di Wi- Fi Art, una giornata dedicata alla Palestina. Arte a diversi livelli, con diverso impegno sociale che racconta la vita, la morte, la politica scellerata e gli scenari apocalittici di una zona, come quella della striscia di Gaza, in cui si perpetrano a tutt’oggi violazioni della legalità internazionale, dei Diritti Umani, veri e propri Crimini di Guerra che passano ormai da più di cinquant’anni nei nostri telegiornali, senza che nessuno riesca neanche più a ricordare perché.

Non è la religione il problema, ma l’economia e la politica che hanno creato lo Stato d’Israele, al tramonto della seconda Guerra Mondiale, in un territorio che era già occupato dal popolo Palestinese, come “risarcimento” per l’eccidio di massa del popolo ebreo: una colpa sanata con un’altra colpa, che ha dato vita ad uno dei più sanguinosi conflitti del mondo, in fase perennemente critica.

Eppure la vita continua anche nei territori palestinesi occupati, ed è proprio questa vita che ci hanno raccontato gli artisti intervenuti nella serata di Finding Palestine al Circolo: vita nonostante lo stato d’assedio, vita nonostante ormai i centri profughi allestiti tra la fine degli anni ’40 e gli anni ’60, siano ormai diventati delle vere e proprie città iperaffollate che non si sa mai bene a quale giurisdizione appartengano, vita nonostante le bombe, gli attentati, la perdita delle proprie cose, ma soprattutto della dignità di vivere.

Raccontare questa vita, in cui la speranza è rimasta comunque l’unico motore utile (la vendetta Luca_Tommasini_-_12_-_fishermenperpetrata da alcuni gruppi estremisti non è mai in alcun modo né una dimostrazione efficace, né una soluzione, ma questa è un’altra storia che non ha nulla a che vedere con l’arte) è quello che ci colpisce nelle foto di Luca Tommasini, fotografo freelance dall’età di vent’anni che ha iniziato a raccogliere storie della Palestina sin dai suoi primi viaggi nella regione nel 2003, raccontando il conflitto dal punto di vista politico e militare, nei suoi dettagli economici ma soprattutto sociali, spesso dimenticati dalla comunicazione di massa. La mostra dal titolo emblematico A walk near the sea of Gaza ce la racconta bene il testo di Pascal Janovjak che ne ha scritto i testi: “Ricordo bene quella mattina. Ci eravamo tutti svegliati presto per andare a vedere il mercato del pesce, era lì che si discutevano i prezzi all’ingrosso, tra offerte febbrili – la merce partiva subito verso i mercati e i ristoranti sparsi nei dintorni. I pesci erano piccoli, ma disposti con molta cura nelle casse, gli uni sugli altri. Ora è difficile, ci dicono. Le pattuglie impediscono alle barche di andare oltre le sei miglia nautiche, si pesca tutta la notte, non si porta indietro granché“. Foto che rappresentano la povertà, ma anche la dignità con cui i poveri continuano a vivere e a credere nella libertà.

Abbiamo visto le tavole di Samir Harb, classe 1981, architetto freelance che vive a Ramallah che ha deciso di usare i fumetti come forte strumento di critica sociale e politica, per descrivere la situazione palestinese e semplificare la complessità degli estremismi politici in un paese sotto occupazione da 60 anni: ricco di un’ironia decisamente noir e di un sarcasmo feroce Samir racconta la vita in un paese congelato, distrutto, macellato.

Ci siamo rifocillati mangiando cibo palestinese (d’altronde è risaputo che la conoscenza del diverso passa anche per la cucina), il ricavato della cena è stato devoluto in beneficenza per  il progetto “Cartelle scolastiche per i bambini di Gaza”, ci siamo seduti all’aperto nel giardino del Circolo e sembrava quasi di essere in un giardino arabo di altri tempi, quelli dei secoli d’oro della cultura islamica, quando l’Europa guardava ancora al vicino oriente per scoprire e imparare, e mentre mangiavamo Falafel con Hommos (crema a base di ceci e salsa di sesamo, speziata al cumino) e Roz u Loz (portata principale fatta con riso, carne macinata speziata, Foto0046pinoli e mandorle croccanti), accompagnati da un ottimo tè alla menta molto dolce, ci siamo avvicinati alla pittura  di Isis Rizk (1979), con i suoi quadri pieni di rosso e nero, sangue e guerra, dolore e disperazione.

Un giro per il giardino, intorno alla piscinetta, ci ha fatto trovare delle tavole illustrate che raccontavano la storia di un paese dilaniato e la cultura di un popolo che è ormai un non popolo. Abbiamo visto con quanta cura i commercianti avevano allestito le loro piccole tende per vendere libri, tessuti, collane, prodotti tipici palestinesi: abbiamo assaggiato dei confetti buonissimi (cuore di mandorla non pelata ricoperta di cioccolato e da un velo di zucchero) che Altro Mercato, cooperativa sociale che lavora nell’ambito del commercio equo e solidale, ha confezionato utilizzando prodotti palestinesi (le mandorle appunto), costaricani e dominicensi. Abbiamo assistito ad uno spettacolo di dabka, danza folcloristica popolare che rappresenta l’amore e il legame per la terra  e per il proprio paese e l’unione tra le persone, una sorta di danza di solidarietà, quindi. Visto qualche scena del film Jerusalem: the East Side Story di Mohammed Alatar, cineasta e attivista per i diritti umani fondatore e direttore del P4PD (palestinesi per la pace e la democrazia). Fino ad arrivare all’attesissimo concerto dei Checkpoint 303, iniziato intorno alle 23.

Progetto musicale d’avanguardia, no-profit, creato nel 2004 grazie a SC Yosh (Palestina) e SC Mocha (Tunisia), i Checkpoint 303 creano una musica elettronica sperimentale che mira ad aumentare la sensibilizzazione della società civile  internazionale nei confronti delle ingiustizie in corso e le sofferenze delle popolazioni civili in tutto il Medio Oriente, armonizzando registrazioni dal campo effettuate in Palestina con battiti elettronici, FX e sottili melodie orientali, con l’obiettivo di diffondere un suono per la pace, la libertà e i diritti umani.checkpoint_303_2

E’ stata davvero una serata speciale, alimentata anche dalla speranza che ci ha lasciato il dibattito Gerusalemme: identità, discriminazione e occupazione, riguarda alla decisione dell’Unesco di incoronare Gerusalemme Capitale della Cultura Araba 2009.
Il bello è ciò che salva gli uomini e li distingue dalle bestie, speriamo che iniziative come questa riescano a sensibilizzare l’opinione pubblica: sapere e capire è fondamentale affinché, un giorno, anche i bambini palestinesi possano crescere sereni, liberi, in una terra in cui la guerra sia solo un ricordo lontano.

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