Urban Superstar: arte, moda, vita
[ARTI VISIVE]
NAPOLI- Street art, skate art, pop surrealism, lowbrow e poster art, art-toys. Se avete le idee confuse sul significato di queste parole, consultate pure il web, ma poi fate un salto al Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina di Napoli, semplicemente il MADRE.
Aperta fino al 24 maggio, la collettiva Urban Superstar Show raccoglie le opere di artisti eclettici, visionari e ironici provenienti da tutto il mondo, per mostrarci uno dei volti della giovane arte contemporanea nata dalle ultime tendenze delle culture giovanili e urbane.
Un’iniziativa che è riuscita a minare la tradizionale diffidenza dei nostri musei verso alcune forme d’arte.
Gary Baseman, JeremyVille, Jon Burgerman, Sergio Mora, El Gato Chimney, Zelda Bomba, David Vecchiato anche curatore della collettiva: questi alcuni dei 32 autori di un’arte che spesso resta fuori dai musei, ma naviga nella rete, si insinua nel nostro quotidiano attraverso oggetti di consumo, gadget, abbigliamento e si fonde con il fumetto. Proprio durante un festival dedicato alla Nona Arte, il Napoli COMICON, gli artisti contemporanei più “corrotti” da fumetti e cartoon sono arrivati a Napoli, grazie alla MondoPOP International Gallery di Roma, al mensile XL e al brand Fornarina.
Urban Superstar non è semplicemente una mostra, ma è lo specchio di un mondo popolato da strani esseri con occhi profondi che hanno sfogliato i Manga, immerso in colori forti e intensi, generato dal fumetto, dai graffiti, dai cartoon, dalla grafica digitale. Soprattutto è un mondo nel quale si entra pian piano, dapprima stupiti e divertiti, fino a scorgerne una vena malinconica che pervade sculture, mostri buffi, dipinti, lavori grafici.
Volti dagli sguardi tristi e profondi, talvolta sottilmente inquietanti, animali rassegnati al passaggio dell’uomo e della modernità, la natura ribelle. Attraverso colori e insoliti personaggi, gli artisti di questa collettiva sembrano riflettere e far riflettere su noi stessi e sulla realtà che costruiamo giorno dopo giorno, sacrificando spazi, sogni e speranze, fagocitati dai meccanismi quotidiani che conducono all’effimero.
In bilico continuo tra gioia e stupore, gioco e riflessione, si resta incantati, quasi vittime di una memoria bambina, davanti alle grandi installazioni della collezione Urban Superstar Show di Fornarina che, lasciato il Louvre, arrivano per la prima volta in Italia: Mijn Schatje, artista surreale sofisticata e romantica, con Dreams are my Reality, ispirata ad Alice del Paese Delle Meraviglie e Junko Mizuno con My Sweet Octopus, in cui la preparazione del sushi diventa gioco infantile e colorato. E ancora, l’italiano Tokidoki che, dopo aver invaso gli USA con il suo esercito di cactus in versione art toys, manda le sue mucche spaziali in difesa della Milky Way.
Arte, marketing, moda. Se l’arte deve essere consumata, come un prodotto commerciale – per dirla con Andy Warhol – mi domando se l’arte riprodotta su abbigliamento e accessori non si trasformi semplicemente in moda passeggera da dimenticare al cambio di stagione. Mi viene in aiuto JeremyVille, l’artista e designer australiano che ho incontrato al COMICON la scorsa settimana. Con immediata semplicità mi risponde che l’arte è qualcosa che si ha dentro, nel cuore, nel cervello. Mi spiega – intanto ha disegnato con un pennarello sulle scarpe di una fan – che se tutto dovesse diventare un fenomeno solo commerciale e transitorio, allora troverà altri modi da sperimentare. Siamo in continua trasformazione e così anche la nostra capacità di esprimerci.
Ma cosa spera di dare JeremyVille alle persone? Basta sbirciare nel suo universo per comprendere a fondo la sua risposta: un’arte, un’espressione artistica che crei un rapporto osmotico e reciproco con gli altri. Le sue strisce mute e poetiche parlano un linguaggio universale, coinvolgono in un momento di riflessione sui sogni, sul rapporto con la realtà, con noi stessi e con la vita.
Le Superstar dell’Urban Art sono arrivate a Napoli con una promessa: “Non romperemo il vetro alla Gioconda, non taglieremo le tele di Fontana e non la faremo nell’orinatoio di Duchamp. Apriremo solo le finestre dei musei per far entrare aria nuova dalla strada“.
La promessa è stata mantenuta.
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