Skip to main content

Il fenomeno “Twilight”

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentForte della pubblicità mediatica che ha avuto nel periodo antecedente lo scorso Natale il film, diretto da Catherine Hardwicke e sceneggiato da Melissa Rosenberg, e degli entusiasti commenti giovanili (tra i 13 e i 18 anni) ascoltati perlopiù nello spogliatoio femminile di un centro per l’avviamento allo sport, sono andata contro i sani principi che fino ad oggi, da amante della letteratura verace, mi hanno sempre impedito di andarmi ad impastoiare con i fenomeni di marketing letterario.

Mi sono armata di coraggio, ho cercato di eliminare i pregiudizi e mi sono catapultata anima e corpo (ì anche corpo, visto che ho macinato in soli 18 giorni 4 romanzi, per la bellezza di 2039 pagine totali, continuando a lavorare indefessamente di giorno e a leggere quasi tramortita fino a notte tarda) nella saga dei vampiri contemporanei più vivace, elettrizzante e moderna della storia dell’horror letterario, inventata ad hoc da Stephenie Meyer, autrice americana ormai famosa a livello internazionale.
Nell’ordine: Twilight, New Moon, Eclipse e Breaking Down sono i quattro titoli dei volumi che compongono la saga, pubblicata in Italia dalla Fazi Editore, e che tutto sommato rivestono un interessante fenomeno sociale, più che un innegabile talento letterario (prezzo variabile tra i 14 ed i 16 euro).

TwilightL’inventiva della Meyer, la capacità di coniugare leggende del passato con la necessità di costruire una storia adatta ad un pubblico moderno, hanno reso la vicenda dei vampiri Cullen e della giovane protagonista, Bella Swan, appetibile, soprattutto al pubblico dei giovani, proprio per il racconto sottile, dolce e molto naif di un amore che da subito deve lottare contro diversità, pregiudizi e contrarietà di ogni genere. La struttura dei romanzi è quasi sempre la stessa, plot (trama), characters (personaggi) e dialogues (dialoghi) sono segnati da una certa ripetitività: il romanzo inizia in sordina, si sviluppa un nodo centrale di pericoli nient’affatto latenti che vengono eliminati solo nelle ultime pagine, tenendo così viva fino alla fine la curiosità del lettore, in un processo non particolarmente originale, ma sicuramente efficace.
Il primo libro, introducendo alla serie e ad un mondo immaginifico estremamente fantasioso risulta il più interessante, anche se elementi che compaiono nei romanzi successivi (il licantropo Jacob, per esempio o la piccola mezzosangue Renesmee o tutta la combriccola dei Volturi) risultano essere un tocco da maestro, anche se, ad un certo punto, ci viene spontaneo chiederci “ma possibile che, in tutto il mondo, solo a Bella Swan capiti di incontrare vampiri e licantropi nella stessa grigia cittadina dello stato di Washington?”.

Al di là del commento puramente tecnico in merito alla tipologia di scrittura adottata, assolutamente non aulica, ma piuttosto semplice, comprensibile, frizzante, al passo con i tempi e decisamente giovanile, il vero merito che detiene una saga come questa è di introdurre alla lettura anche chi solitamente tra gli studenti, ne è letteralmente “schifato”. Certo non è alta letteratura, eppure ha un suo certo “non so che” che lascia stregati e curiosi, fino al parossismo, di sapere che cosa accadrà nella pagina successiva e che, tutto sommato, ci riavvicina anche ad una certa letteratura horror più antica, lontana da Stephen King e da tutti quegli altri autori pseudo commerciali che sfornano un libro all’anno. Sarebbe auspicabile che da questo si passasse a rivedere tutte le parole spese per raccontare del primo vampiro della storia, il famoso Conte Dracula, o anche per andare a rivedere un’altra saga vampiresca più adulta decisamente sensuale, fortemente psicologica, direi quasi stupenda (quella di Anne Rice).

Ma anche per andarsi a vedere qualche emergente che si è cimentato con la storia dei succhiasangue pallidi, emaciati, ma sempre bellissimi, atletici al parossismo e immortali (più o meno?): quello che mi è capitato sotto gli occhi in questi giorni è il romanzo di Alessandro Riccardi, La lunga notte, edizioni Asengard (pag. 251, € 13,50).
Riccardi, sceneggiatore e regista professionista si era già cimentato con storie dell’orrore da cui poi sono state anche tratti due spettacoli teatrali, ma in questo romanzo ci racconta la storia tormentata di Tiziano, vampiro millenario, e della sua nuova compagna Francesca, la giovane donna che accetterà di passare l’eternità al suo fianco divenendo anche lei una vampira. Ogni notte per i due è un passo avanti nell’eternità fatta anche di odio, soprattutto di quegli altri due esseri immortali, Federico e Vittorio, che da secoli gli danno la caccia per sterminarlo e con lui tutte le sue compagne, tra passato e presente, tra dolori e avventure, orrori ed erotismo. Il romanzo nulla aggiunge e nulla toglie a ciò che già sappiamo sulla storia dei vampiri, forse aggiunge un pizzico di eros spinto (ma neanche tanto), utilizzando un linguaggio semplice e strutturando la parte dei ricordi come tema centrale della storia. Inizia in sordina e forse anche in modo troppo autoreferenziale, cinico e semplicistico questa storia, entra nel vivo della vicenda con calma, eppure ci trascina in un vortice di ricordi, flash back e azione che merita un’attenzione particolare, tanto da guadagnarsi il plauso finale.

Una scusa vale l’altra per leggere qualcosa di nuovo, ritrovare qualcosa di vecchio e per approfondire un tema che, dalla notte dei tempi ha dato da pensare a tutti, da nonni a nipoti, da baby- sitter annoiate a giovani fantasiosi. Le storie dell’orrore sono sempre state la fortuna del cinema e dei fumetti (non vi dimenticate Dylan Dog e affini bonelliani), ma anche della letteratura: uno fra tutti, il mitico Edgar Allan Poe, il primo a dare grandezza morale ad un genere spesso trascurato, ignorato e catalogato come di serie “B”. Errore madornale! La capacità di fantasticare, di immaginare, di creare e la voglia di divertirsi alle spalle degli incubi accompagna gli esseri umani da quando hanno inventato il fuoco e leggende come quelle dei vampiri, dei licantropi, o anche degli zombi si riferiscono a fatti o episodi reali difficilmente spiegabili con il raziocinio o con le conoscenze antiche, che però hanno finito per influenzare l’intera memoria collettiva. Hai visto mai? Magari i “succhiasangue” vivono ancora tra noi, e questo potrebbe addirittura essere una spiegazione del perchè, quasi tutti, abbiamo una passione innata e insana (?) per i baci sul collo?

di Eva Kent ( evakent74@gmail.comIndirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo )

Lascia un commento