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Baby, 6 uno Skiantos!

Per non restare ancorati ad una lettura superata della sopportazione, si sono riuniti al Circolo degli Artisti venerdì 6 marzo un buon quantitativo dei rappresentanti di quella elite di massa di cui parlano alcuni sociologi, a loro volta ipnotizzati dal frenetici ritmi di consumo e produzione di libri, dischi e frittatine in padella.

Sto parlando di quella ampia fetta di pubblico dell’industria culturale, non la solita nicchia, che giunge ad avvertire con nettezza l’assurdità insita nell’essere soggiogati da un cantautore o da un saggista (per questo gli Skiantos declamano: “Siete un pubblico di merda / applaudite per inerzia / Compran tutti i cantautori / come fanno i rematori / quando voglion fare i cori / che profumano di fiori / A me piace scoreggiare / non mi devo vergognare!”). Questo cospicuo segmento di pubblico è portato a porre in relazione questa difficile condizione emotiva innescata dai paradossi contemporanei non con la magia enigmatica dell’equinozio ma con il rifugio sicuro nell’ozio, pur creativo, o nel proletariato intellettuale.
Soprattutto di questo tipo di individui consapevoli e reattivi si componeva la folla che gremiva il mitico locale romano durante il concerto proprio degli Skiantos, il gruppo burlesco di rottura che sin dal ’77 propone con esuberanza da invasati il dettato di una logica illogica che, in contrapposizione al buon senso e alle carinerie del Conservatorio, si spiega forse col declino del senso del sacro e con la preoccupazione ormai diffusissima di proteggersi piuttosto l’osso sacro dagli assalti alle spalle.

E se la nautica da diporto non conosce crisi, navigare a vista nel rock demenziale è un lusso necessario, specie se uno non preferisce affogare nella melma laccata dei tuguri del Grande Fratello. Nei confronti di queste folle avide di Senso, il taumaturgo Robert “Freak” Antoni offre il miraggio di una chiarificazione del tutto, presentando l’ultimo CD del gruppo, dal titolo Dio ci deve delle spiegazioni. A lui (senza la maiuscola), cioè ad Antoni, si deve invece il conio della stessa definizione “rock demenziale”, che almeno sugli Skiantos si taglia perfettamente, essendosi nel corso di una lunghissima carriera “distinti” col mignolo abbassato, ma il medio alzato, come uno stuolo di guastatori che agiscono sul linguaggio basso, da un momento all’altro riconducendolo alle più ostruite cloache (si sono anche qualificati come “l’unico gruppo che parte dalle cantine per arrivare alle fogne!”) o riscattandolo come strumento di una poetica d’avanguardia intesa in senso ipercritico e catramoso.

Durante il concerto, come secondo la loro migliore tradizione, che fa di tutto per non essere aulica, non sono mancati infatti i momenti di interazione di stampo punk o dadaista (fate voi, a questo punto) col pubblico; diversi capi di lingerie femminile tirati sul palco o comparsi dal nulla, hanno ricoperto un’asta, ma solo quella del microfono, e chi disponeva della materia prima, immaginiamo che avrà sgrullato la propria ragazza, al grido di: “Piccola, stasera sei uno Skiantos!”, mentre più tardi il “Freak” Antoni ha preso a fingere di suonare un violino e ai numerosi contestatori (tutti violinisti, ovviamente) che lo bersagliavano con commenti salaci o complimenti insinceri ha risposto piccato: “Non capite niente, questa è avanguardia!”.
Capita che quando gli artisti sono troppo avanti, scavalchino gli steccati del decoro manierato e delle convenienze musicali per sostenere le ragioni degli spiriti indomabili: “Sono un ribelle, mamma, vai a dormire non star sveglia nella stanza…” è ormai un inno dei nottambuli casalinghi di ogni etnìa. Ma la vocazione da elite di massa del gruppo riappare quando Antoni si presenta con un mantello bianco e foglie di lauro alle tempie, in una citazione del compianto John Belushi di Animal House nella scena dello scombiccherato toga party. E’ il cantante stesso degli Skiantos in un’altro momento dello show, a riconoscere di essere “oscenico”, come front-man.

A partire dai tre pezzi in apertura di concerto, tratti dal loro ultimo lavoro, gli Skiantos arrotano i loro strumenti proprio “sulla cresta dell’onta” su cui sostano da qualche decennio, facendone sfrigolar fuori scintille e distorsioni che si perdono tra gli occhi pesti di chi è stato “contro” come loro per tutti questi anni. Una gran fatica, come quella che forse compie Gianluca “La molla” Schiavon, col suo impetuoso drumming che “tambureggiante” è dir poco, ma almeno son stati coerenti, anche se a volte si rischia di far la figura della “Testa di pazzo”; altre volte però, qualcuna lancia un reggiseno sul palco, e questo significherà pur qualcosa. Qualcuno forse rimprovererà agli Skiantos di non essersi raffinati musicalmente in tutto questo tempo, ma questa ci appare una strategia mirata a non appiattirsi sulle classifiche e a non assecondare con leziosità un pubblico che già di suo si è smaliziato fino a porsi come elite di “prosumers” e che cerca di mantener viva la sua dimensione spaventosamente grezza di massa, dandole non di rado connotazioni tribali magari metropolitane che la virulenza del punk può in qualche modo assi-curare. Al tempo stesso, la demenzialità riduce a pattume ogni spiegazione, compresa giusta-mente questa, e offre spiegazioni di tutto nei termini ilari di una salutare caciara comunicativa.
Dopo la chiusura del concerto, sancita da ben quattro bis, il leader ha annunciato una “seconda parte dello spettacolo, a cui seguirà il dibattito, una istituzione da recuperare…” Come si vede, l’esigenza, oltre che di suonare duro, di far luce sui mal di panza che ci rovinano la gioventù è manifestata con una vivacità bipolare che spinge gli Skiantos a cantare sia “Massacrami pure”, sia “Ti rullo di cartoni”.

La formazione attuale in cui ogni componente è ribattezzato con uno pseudonimo demenziale, si avvale, accanto ai due membri fondatori Roberto Antoni detto ‘Freak’, Voce, laureato al DAMS con una tesi sui Beatles, e Fabio ‘Dandy Bestia’ Testoni, Chitarra e Cori, chitarrista neoprofes-sionista e rocchettaro militante, anche di Max “Magnus” Magnani, Basso e Cori; Luca ‘Tornado’ Testoni, Chitarra; Gianluca “La Molla” Schiavon, Batteria, mentre hanno fatto parte della storia del gruppo in passato Andrea Setti detto ‘Jimmi Bellafronte’, geometra e cantante per diporto, Stefano ‘Spisni Sbarbo’ Cavedoni, universitario DAMS, attore di prosa, clown, poeta e cantante, Leo ‘Tormento’ Pestoduro, Andy Bellombrosa, Frankie Grossolani, Gianni Lo Grezzo, etc.

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