Un Sanremo Futurista? Tra qualche anno…
Che rapporto può avere il Festival della Canzone Italiana con il Futurismo?
Ad una prima occhiata, nessuno. Potrebbe essere un semplice accostamento di manifestazioni avvenute nella stessa settimana, una a Roma (Futuroma appunto) e l’altra a Sanremo.
Invece no, ci siamo divertiti ad immaginare un Sanremo Futurista e un futurismo in cui comparissero nani e ballerine, travolte dal mito della velocità, magari la stessa velocità delle audizioni tra le lenzuola di un bell’albergo, anche se ormai decadente.
Questo Sanremo può essere definito futurista? Abbiamo assistito ad una settimana in cui i media, sulla scia degli ascolti (sono ancora alla ricerca di un utente auditel, ma esistono o sono un’invenzione come Babbo Natale?) hanno adulato l’annuale edizione sanremese.
È bene fare una degna suddivisione tra lo spettacolo televisivo, certamente meno impostato e più piacevole rispetto al passato, con la coppia Bonolis-Laurenti, sempre più spalla-comico sulla scia delle grandi coppie comiche italiane, che hanno valorizzato l’impianto sempre classico della rassegna sanremese. Altro che futurismo e D’Annunzio.
Ma se poi passiamo al resto, altro che futurismo… Tutto, a partire dal regolamento, sa poco di proposte coraggiose e di lungo periodo. Si canta tutti insieme sul palco i successi dei vari protagonisti della storia italiana coi capelli tinti. Aiuta certo lo share, ma non l’affermazione di nuove realtà. La regola che prevedeva un big che facesse da padrino alla nuova proposta, sa di raccomandazione della più consunta e becera italianità. La raccomandazione istituzionalizzata.
E le proposte dei Raccomandati, salvo due casi specifici con maggiori probabilità di emergere, cadranno nel dimenticatoio da subito, in particolare per i figli di … (a proposito, aspettiamo il prossimo anno la partecipazione anche del figlio/a dell’ultimo Pooh che ancora non è stato a Sanremo!).
Il peccato più grande di Sanremo, per noi che ci occupiamo prevalentemente di arte emergente, è stata proprio quella di non aver guardato alle miriadi di proposte artistiche che ogni anno la creatività degli emergenti italiani mettono in campo. E la buffonata di Sanremo.59 (il concorso sul web) non ha certo aiutato, ma ha acuito la distanza tra la stanza dei bottoni e il paese reale.
Tra le nuove proposte infatti hanno possibilità di avere un futuro: la vincitrice Arisa che ha “rischiato” ad essere un personaggio credibile ed ha avuto la giusta attenzione di pubblico e critica, anche grazie ad un bel pezzo. Brava anche Malika Ayane, proposta da Caterina Caselli della Sugar, con un pezzo di Giuliano Sangiorgi.
Sui big stendere un velo pietoso sembra superfluo. Rimane senza dubbio una delle peggiori edizioni di sempre, a livello artistico. Un trito e ritrito fatto di “personaggi” e gruppi costruiti per l’occasione e poco altro. Se ancora si vendessero i dischi, difficilmente ne ricorderemmo qualcuno. Naturalmente hanno fatto da contralto gli Afterhours, alla loro prima partecipazione, che hanno coperto il Festival dall’accusa di non guardare al mondo indipendente. Il pezzo non è male, ma non è nemmeno uno dei loro migliori.
Una sola proposta su 30 (tra big e nuovi) sa di provocazione ma può essere interpretato anche come un primo passo. Vogliamo essere ottimisti. Futuristicamente ottimisti…
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