Il MACRO, la tana del futurismo
[GRAFFI(A)TI AD ARTE]
Achille Bonito Oliva spiega cosa è rimasto, dopo un secolo, del Futurismo: un movimento che sconvolse il concetto di estetica, in Italia, ma non solo. Il Futurismo Manifesto 100 x 100 è spiegato esteticamente e scenograficamente da uno dei più importanti curatori italiani che sceglie la sede più ad hoc nella capitale per trattare quella che fu l’idea di futuro, il MACRO Future. Fino al 27 maggio 2009 il MACRO ci racconterà il futuro come lo volevano all’inizio del secolo scorso.
Tutta la città è coinvolta nella riscoperta del futurismo o ha una concreta esigenza di un vero futuro?
La sede espositiva in questione ha proprio l’idea del progresso e del movimento, forse non così veloce come Balla avrebbe rappresentato in un suo quadro, in effetti, i lavori di ampliamento del Museo Di Arte Contemporanea di Roma sono lenti a concludersi, però si tratta, pur sempre, di una location industriale che sta spostando la sua attenzione all’arte, e quindi siamo speranzosi e propositivi e pensiamo a quando nel futuro ci godremo spazi enormi, nel cuore di Testaccio, dedicati all’arte di oggi e di domani.
Il Futurismo Manifesto 100 X 100 racconta quello che era la speranza di un futuro agli inizi del secolo scorso per degli artisti che volevano leggere e vivere il mondo diversamente. Una raccolta di testi dell’epoca, proiezioni e video installazioni per raccontarci un’idea di futuro che dopo un secolo leggiamo male.
Invece, di un progetto e di una volontà di costruzione o distruzione, oggi avremmo bisogno. Diversamente da Marinetti, dovremmo essere infervorati dal sacro fuoco della speranza e, come quella giovane generazione, rivoltarci contro i vegliardi, ma ogni gioventù rivoluzionaria invecchia e si radica più di quella precedente tanto da non farci credere più in un reale stravolgimento sociale.
Ma a volte le previsioni si avverano. Il futuro, che tanto osannava Marinetti, in parte si è realizzato. Però, a guardarmi bene attorno, mica mi piace tanto.
Nel percorso indicato da Bonito Oliva ho avuto modo di confrontarmi con l’esimio “poeta in libertà”, non sto scherzando. Ho alzato la cornetta del telefono e ho discusso con Marinetti in persona: di guerra, poesia, e addirittura di Bush e anche io sono stata definita “passatista”. Forse un po’ me lo merito, in effetti, questo loro amore per tutto ciò che è veloce e moderno non l’ho mai compreso bene. Anzi, l’ho sempre trovato un po’ provinciale. Come porre l’automobile come modello estetico.
Individuare nell’auto un simbolo di civiltà poteva sembrare esagerato ed esasperato, invece si è rivelato un vero e proprio messaggio profetico. Come voleva Marinetti & Co, oggi,l’automobile è padrona della nostra vita, simbolo di concetti di estetica e da cui dipende la nostra economia, vedi gli incentivi statali, quelli da poco proposti e tutti quelli passati, per salvare un mercato in crisi come tutto il resto. Un mercato dipendente dal petrolio, moderna “polibibita” di cui si dissetano auto e tutta la nostra energia, portatore di quelle guerre che tanto osannava il nostro interlocutore nel magico mondo del Macro. E allora, aveva ragione lui!
Auto veloci e produttrici di inquinamento per Roma, che a differenza di Parigi, la cui modernità colpì tanto l’immaginario del poeta, conta oggi un numero minore di automobili per nucleo familiare, ma ha una metropolitana più funzionante e in cui poter utilizzare addirittura i cellulari. Altra invenzione che sarebbe piaciuta molto al nostro baffuto rivoluzionario dell’estetica italiana, perché gli sms sono le “parole in libertà”: suoni onomatopeici, figure legate alle parole (le emoticon), verbi all’infinito con la negazione della coniugazione. Versi brevi che rifuggono il sentimentalismo passatista. Il sentimento era da combattere per i nuovi uomini che si presentarono sulle pagine di Le Figaro un secolo fa. La sfera affettiva era da considerare ridicola e sciocca.
Marinetti parlava di conquista anche in amore, detestava il tango, che considerava solo come un ballo strusciante e privo di concretezza, per usare degli opportuni eufemismi. Eppure a me quella sfera affettiva manca, e allora ha ragione lui, sono una passatista!
Però, caro signor Marinetti, io sarò pure passatista, ma tu sei in uno di quei musei che tanto odiavi!
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