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Date a quell’attore una canzone

Alessia_Grassoi
[CINEMACITTA’]

Alessia_GrassoiTanti anni fa Sanremo veniva considerato un grande evento, fatto soprattutto per riunire intere famiglie davanti alla televisione.
Un po’ come Miss Italia: erano quei due o tre eventi televisivi che capitavano una volta all’anno e che venivamo sempre attesi con tanto entusiasmo.

Dal ’95 in poi sarebbe rimasto fisso nella memoria quello stacchetto del “perché Sanremo è Sanremo” e allora avremmo capito, pian piano, che le cose stavano realmente cambiando.
Perché i tempi corrono e spesso certe manifestazioni decadono e hanno bisogno di reinventarsi o, con molta più probabilità, di tornare alle origini del successo.
Non so perché l’ultimo Sanremo che mi è rimasto nella memoria è stato quello in cui erano venuti come ospiti i Backstreet Boys, ovvero l’edizione del ’98, insieme ad una Celine Dion che spopolava ancora con la colonna sonora del kolossal Titanic “My Heart Will Go On”, uscito quello stesso anno nelle sale.
Antichi e pessimi gusti musicali a parte, con il passare degli anni mi sono sempre e solo concentrata sui cosiddetti “ospiti”, ovvero quegli attori che abbellivano con la loro presenza le serate all’Ariston, tramite interviste e simpatiche gesta “all’italiana”.

Quest’anno, con un Bonolis carico e più showman che mai, abbiamo assistito ad una carrellata di attori non propriamente sulla cresta dell’onda, ma pur sempre all’interno dei nostri cuori: Roberto Benigni con la sua incontenibile forza ha dominato la prima serata del Festival.
Sue sono state le parole più toccanti e, allo stesso tempo, più sbeffeggianti dell’intera edizione, riunendo in un unico discorso la politica, la musica e i diritti umani, intrecciandoli indissolubilmente l’uno all’altro.
Attaccando Berlusconi e difendendo Veltroni prende la palla al balzo consigliando al Cavaliere di “diventare come Mina. Tu devi sparire. Più lontano sei, più mito sei” e ci ricorda, citando la famosa lettera di Oscar Wilde, come “ La storia è piena di uomini seviziati e torturati perché amavano altri uomini e non c’è delitto più infame. L’omosessualità non è fuori dal piano di Dio. Il sesso è affare loro, sono persone adulte. Nemmeno la fede rassicura, rassicura solo l’amore”.
Il nostro caro predicatore Benigni non ha peli sulla lingua e l’ha sempre dimostrato, tramite le sue spavalde ed eccentriche esibizioni, sempre in mezzo ad un palco da dove tutti gli spettatori restano ipnotizzati, come se fossero alla presenza di un famoso cantastorie.
Ma è anche questa la chiave della satira, attaccare ed essere sempre perfettamente difendibili, seppur nel caso di Benigni dietro ci stia lo zampino di un famigerato Oscar, che l’ha reso letteralmente inattaccabile, perché riconosciuto internazionalmente.

Politica a parte, il resto della manifestazione si è concentrata in altri tre incontri: il bellissimo omaggio a Fabrizio De Andrè con l’intera PFM, che insieme ai due quotati attori italiani Stefano Accorsi e Claudio Santamaria, hanno cantato “Bocca di Rosa”, accaparrandosi gli affettuosi applausi dei presenti e l’intervista al francese Vincent Cassel, marito della nostra Monica Bellucci, nonché grande attore internazionale.
Scherzando e chiacchierando con Bonolis, l’attore ha ammesso di non essere mai stato a conoscenza dell’esistenza del Festival di Sanremo e che solo la moglie, Monica, gli ha spiegato che era una manifestazione italiana molto importante, alla quale dover partecipare.
C’è da dire che il francese non si è risparmiato nei suoi commenti poco “gradevoli”, perfino in riferimento alla notorietà della musica italiana all’estero, ma c’è da dire che Bonolis si è districato perfettamente, ironizzando sul fatto che avrebbe dovuto, a sua volta, ammettere di non sapere nulla sul Festival di Cannes (tanto per ripicca).
I due, alla fine, concludono con uno stacchetto degno di nota, ricreando la famosa scena dei Mondiali di calcio: “Dammi una zidanata”, dice Cassel, “Io faccio Materazzi” e tutto così finisce a tarallucci e vino.

Ma il vero clou della manifestazione si raggiunge con la presenza dell’osannato, due volte Premio Oscar, Kevin Spacey (I soliti sospetti, American Beauty), che entra sul palco dell’Ariston come un divo del passato.
Con classe e nonchalance, canta perfettamente “Fly me to the moon” del magico Frank Sinatra, dimostrando a tutti che anche lui ha voce.
Bonolis piacevolmente colpito lo invita a sedersi e i due intavolano una discussione che parte dall’esperienza degli Oscar fino all’amore ostentato per John Lennon: il conduttore e l’attore si gettano in un duetto sulle note di “Imagine” e trascinano con loro l’attenzione dell’intera platea.
Spacey parla con profonda naturalezza dell’affettuoso ricordo che nutre nei confronti di Lennon, del fatto che in quell’artista ci fosse molta della speranza che ora si rispecchia nel nuovo presidente Obama e di come sia fiero, in tutto e per tutto, di poterlo definire il “suo” presidente.
Così Spacey alterna momenti di commozioni a veri istanti di pura comicità, ammettendo che predilige in un certo senso i ruoli da cattivo perché sono quelli che il pubblico tende maggiormente a ricordare nel tempo (non a caso per Seven e I soliti sospetti fu inserito tra i dieci più cattivi della storia del cinema).
Bonolis, sorprendentemente, aggiunge anche un ringraziamento speciale alla bravura del doppiatore italiano di Kevin Spacey, ovvero Roberto Pedicini, e alla domanda di Spacey “è bravo?”, il conduttore risponde semplicemente con un sorriso “Beh, i film ci sono piaciuti”.
Affabili e ben amalgamati i due terminano il tutto con una foto ricordo, scattata dall’attrice italiana Gabriella Pession (personalmente ricordata nella pellicola di Lina Wertmuller “Ferdinando e Carolina” del ’99), con uno Spacey che di nascosto fa un ingenuo due dietro la testa di Bonolis che, poco prima, aveva raccomandato alla platea dell’Ariston “Non fate le corna, siamo a Sanremo non al G8”.
Anno di ritorni e di rivincite, insomma, di ospiti non particolarmente attesi ma sempre graditi, forse perché pian piano ci siamo abituati a quell’Hollywood che una volta ci sembrava così lontana ed intoccabile, ed ora è invece così familiare e vicina.

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