Max Vellucci: la differenza tra un mago e…
Se tutti i maghi fossero fans di David Fincher, e la prima regola della magia fosse: non parlare mai della magia, sarebbe un bel guaio riuscire ad intervistarne uno; fortunatamente, come scopriremo insieme, la legge fondamentale in materia è un’altra, e così possiamo approfittare della disponibilità di Max Vellucci, illusionista, mentalista e fondatore della Compagnia delle Ombre, per toglierci qualche curiosità in materia…
Parlando di magia, le persone tendono a confondere tutto in un unico… calderone, è il caso di dirlo. Ma anche in questo campo esistono tante forme diverse, giusto?
Potremmo fare molte distinzioni, come se fosse una materia accademica, ma fondamentalmente la classificazione più adeguata fa riferimento al contesto in cui si svolge la performance magica, in particolare la distanza dal pubblico. C’è la micromagia, detta close-up, che si esercita da vicino; poi possiamo incontrare l’impromptu, la magia improvvisata, che si pratica con oggetti quotidiani come monete o stecchini; si passa poi alla magia da sala, la classica situazione che tutti hanno nella mente perché ebbe un grande sviluppo nell’800, e alla magia da scena, quella che si svolge su un palco, sotto i riflettori. A questo punto, anche se dal vivo, l’occhio dello spettatore è abbastanza distante dal mago, quindi si parla di grandi illusioni, come il famoso effetto della donna segata in due, o di altre specializzazioni come l’escapologismo, liberarsi da situazioni impossibili come catene e gabbie, o il mentalismo che è invece il mio campo.
Puoi spiegarci meglio di cosa si tratta?
Il mentalismo è la facoltà di simulare i poteri paranormali tipici dei sensitivi o degli psichici.
Nei paesi anglosassoni si parla di “psychic entertainer”, perché in effetti è molto legato alle trappole mentali, alle scorciatoie cognitive, al depistaggio dell’attenzione, tutte tecniche legate alla comunicazione. Padroneggiandole si possono produrre fenomeni inspiegabili come la lettura del pensiero, l’influenza della mente sul corpo e sulla materia.
Quando e come è iniziata la tua carriera da prestigiatore?
Come molti da bambino, comprando ad un mercatino la mia prima scatola magica.
Che delusione scoprire che, a dispetto del prezzo elevato, il contenuto è più modesto di quanto ci si aspetti. In realtà poi capisci che non hai pagato per il materiale, ma per la spiegazione dell’effetto magico…
Quindi quello che costa davvero è la conoscenza?
Proprio così. Il prezzo elevato dei kit magici o dei libri è legato alla volontà di non rendere quest’arte davvero accessibile a tutti, ma di divulgarla solo entro un certo limite. E’ normale, per conservare il suo fascino deve custodire i suoi segreti. In realtà poi, grazie ad internet soprattutto, oggi sarebbe possibile ottenere quasi ogni informazione desiderata, ma se non c’è una vera volontà di conoscere si dimentica molto presto il meccanismo dietro un effetto magico e ogni volta sembra di assistere a qualcosa di nuovo.
Insomma, il trucco c’è ma non bisogna dirlo…
Ti rispondo con una citazione sulla magia: “dogs do tricks, magicians do magics”.
Parlare semplicemente di trucco è sbagliato, il vero mago usa un insieme di tecniche per la riuscita dell’effetto, e quelle comunicative sono importanti tanto quanto le abilità tecniche e di manipolazione.
Sai cosa distingue la magia dalle altre arti? E’ l’unico campo in cui la tecnica va nascosta, e non esibita!
Per migliorare conta di più esercitarsi da soli o imparare da altri?
Sono due momenti importanti. L’allenamento personale è fondamentale, anche perché la magia è più che un hobby. La considero un virus, ti entra dentro e non passa, a differenza di altre passioni, per le quali, una volta soddisfatte le proprie curiosità, l’entusiasmo si esaurisce. Se invece la magia ti contagia, puoi solo aver voglia di crescere ancora e migliorarti. E per farlo è utile confrontarsi con altri, anzi è necessario. Se ci pensi, un’altra peculiarità della magia è proprio che per concludersi ha necessariamente bisogno di un pubblico; un pittore può dipingere solo per se stesso, un poeta scrivere senza pubblicare, ma un mago… non può completare una magia se questa non produce effetti su qualcun altro.
Oltre al pubblico poi, è importante anche confrontarsi con i colleghi.
Quali sono i passi che dovrebbe seguire un giovane apprendista?
Dopo aver intrapreso un percorso personale, cioè reperito il materiale, essersi esercitato ed essersi esibito con amici e parenti, io consiglierei di frequentare un corso teatrale, per sviluppare la capacità di parlare in pubblico. Troppi artisti trascurano la messa in scena per concentrarsi solo sulla tecnica. Ma senza quelle capacità affabulatorie da attore non si attiva quella sospensione della credulità necessaria affinché la magia riesca.
Altro consiglio è quello di iscriversi ad un club. In Italia ne esistono due principali: il Club Magico Italiano e l’International Brotherhood of Magicians.
Entrambi organizzano corsi e seminari con importanti figure del panorama internazionale, e diventano una sorta di palestra per chi sta iniziando.
Servono anche per quella trasmissione del sapere esclusivo di cui parlavamo prima?
Sì, è un punto decisivo e fa riflettere su un’ altra caratteristica affascinante dell’arte magica. Ora come ora è una delle poche discipline artistiche in cui sopravvive il rapporto tra allievo e maestro, che si configura come un legame di profondo rispetto del più giovane verso il più anziano, ma anche del più inesperto verso chi custodisce l’ultimo, più celato segreto della tecnica magica.
Chi sono i grandi maestri italiani, a proposito?
In Italia lavorano moltissimi grandi artisti, anche se non notissimi al grande pubblico.
Citare dei maestri vuol dire riferirsi soprattutto a Silvan, Tony Binarelli ed Alexander, tre grandi figure che hanno saputo portare la loro arte alla gente, diventando molto popolari grazie alla televisione.
Perché invece ora i maghi sono quasi completamente assenti dal piccolo schermo?
In Italia non c’è la giusta considerazione per questo settore, che viene spesso relegato a brevi momenti all’interno di contenitori d’intrattenimento. Pochissime volte è stato dedicato alla magia uno spazio pertinente e totalmente suo, come con Arcana, un bel programma trasmesso da Raidue, ma in tarda serata. E’ interessante sottolineare come in altri contesti nazionali, come Inghilterra e USA, la magia goda di un vastissimo seguito e di una popolarità assoluta: ci sono reality, programmi in prima serata, e l’audience è sempre altissima. Una conseguenza di tutto questo è che le nuove tendenze arrivano da questi paesi, come nel caso della street magic: gli artisti vanno per strada e usano la micromagia per conquistare la gente che passeggia, alla fine il risultato è qualcosa di totalmente nuovo rispetto al passato. Basta guardare su internet i video di David Blaine, di Criss Angel o dei T.H.E.M. per capire a cosa mi riferisco.
Secondo te c’è anche un fattore culturale dietro la marginalità del fenomeno magico nel nostro paese?
Credo di sì. Da un lato gli italiani sono forse più disincantati degli altri popoli, meno inclini a crederci, dall’altro sono convinto che i media abbiano un grosso peso nel veicolare le attenzioni e i gusti del pubblico. Poi ci sono alcuni personaggi come Raul Cremona, che è conosciuto in altre vesti televisive, quelle comiche, ma in realtà è un grandissimo prestigiatore. Purtroppo se lo spazio dedicato è marginale, rischiano di diventare predominanti certe immagini di maghi pasticcioni e ridicolizzati, come se ne vedono in alcune trasmissioni di grande successo. E’ per questo motivo che vanno applaudite manifestazioni come il Supermagic organizzato a Roma. Dimostrano che c’è attenzione per questo mondo, e che può essere anche un ottimo investimento commerciale.
La magia continua ad esercitare il suo fascino sulle persone, a dispetto di chi la immagina come qualcosa di tradizionale o peggio ancora di vecchio?
E’ così, e in un certo senso bisogna ringraziare quei prodotti dello spettacolo che attingono al suo repertorio, come Harry Potter. L’attenzione che il personaggio ha attirato è incalcolabile, specie nei giovani; in questo periodo si parla anche del progetto di un parco giochi a tema magico, a Valmontone. Sarebbe un risultato straordinario e un grande incentivo per chiunque
viva di questa passione.
Per quel che riguarda il rapporto con il progresso, faccio notare che da sempre la magia è stata innovatrice, andando di pari passo con la scienza e spesso anticipandola; molti maghi ottocenteschi erano i primi ad applicare principi scientifici di chimica e fisica a delle prove empiriche, attraverso i propri esercizi. Nel cinema invece fu il prestigiatore Georges Méliès ad inventare il montaggio, tanto da essere riconosciuto come il secondo padre del cinema dopo i Lumière.
Possiamo concludere affermando che la magia è più viva che mai?
La magia non scomparirà mai, così come l’aura di mistero che riesce a trasmettere non verrà mai meno, perché al di là delle immagini folkloristiche che ognuno di noi coltiva dentro di sé a riguardo, l’esistenza del mago risponde ad una semplice regola dell’animo umano: il desiderio di meravigliarsi e di credere in qualcosa di incredibile.
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