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Incredible !ndia: l’India inedita fotografata a quattro mani

[FOTOGRAFIA]

Anche il più lungo cammino inizia con un passo, recita un vecchio proverbio indù. E di passi ne hanno fatti parecchi due giovani fotografi marchigiani, Giorgia Barchi (Foto del negozio di barbiere) e Mauro Aquilanti (Foto sguardo autista risciò) attraverso l’Uttar Pradesh e il Rajastan, due regioni dell’India del nord, per portare a termine un cammino all’insegna dell’avventura, della scoperta e della spiritualità.

Dalla loro esperienza è nato un interessante reportage fotografico che, grazie ad un percorso tematico fatto di foto e annotazioni, mostra un’India ricca di fascino, elegante nella sua semplicità e incredibile, così come indica il titolo stesso della mostra: Incredible !ndia.
L’esposizione, a cura di Francesca Pietracci, può essere visitata gratuitamente fino al 10 dicembre presso la Bibliothé Contemporary Art in via Celsa, 5 (piazza del Gesù) di Roma. Un posto davvero accogliente in cui è possibile leggere, mangiare e avvicinarsi alla cultura induista anche grazie ai tanti corsi organizzati all’interno, tra cui Sanscrito, Yoga, Danza Bharat e alimentazione vegetariana. Insomma un vero e proprio microcosmo induista sito proprio al centro di Roma.
La nostra full immersion in questa civiltà lontana ha trovato il suo naturale compimento nell’incontro con il proprietario del locale (il pittore Enzo Barchi che esporrà i suoi lavori e quelli di alcuni artisti induisti nello stesso locale a partire dal 12 dicembre) e con gli artisti della mostra: Giorgia e Mauro.

Incredible India, un titolo che già anticipa un percorso fotografico particolarmente stimolante. Parlateci un po’ della vostra avventura e dell’incontro con una civiltà tanto diversa dalla nostra che, se da una parte si classifica come grande capitale del cinema Bollywoodiano e dell’informatica, dall’altra presenta ancora dei tratti arcaici, ma non per questo meno ricchi di significato, almeno spiritualmente parlando…
Incredible India in effetti è lo slogan dell’ente turistico di Stato indiano. Abbiamo voluto riprendere l’idea perché meglio di altre frasi si presta ad essere il commento che ogni occidentale si ritrova a fare non appena entra in contatto con questa civiltà meravigliosa. Purtroppo attraverso le fotografie non è possibile riprodurre anche l’odore delle sue strade: un’esalazione molto forte data dalla mescolanza tra fogne a cielo aperto e incenso acceso per le divinità. Una delle tante contraddizioni dell’India, che rendono questa terra ancora più incredibile. Ma per capire meglio l’unicità di questo Paese bisogna viverlo. Il modo migliore per farlo ci è sembrato quello di attraversare le regioni meno turistiche, appunto quelle del nord, adattandoci alla vita del luogo: andare nei mercatini, prendere gli autobus, i treni superaffollati, vivere le strade. Insomma entrare a far parte di quel mondo….almeno per un mese.

E in un mese, immagino, di foto ne abbiate scattate tante. Non sarà stato facile scegliere proprio quelle più rappresentative da esporre …
No, infatti è stata dura, ma abbiamo lavorato per percorsi tematici. Prima tra tutti abbiamo voluto rappresentare la strada come luogo di transito e vita. In India essa rappresenta il teatro principale della vita quotidiana: è in strada che si lavora, si prega, si mangia, a volte si dorme. Altro tema trattato è quello delle cerimonie religiose: ogni cosa in India trasuda spiritualità e non si può che rimanere affascinati dinnanzi al ripetersi di riti che si praticano identici da millenni. Seguono altri due temi: la donna, bella, fascinosa e agghindata con ogni tipo di gioiello, e il mestiere di arrangiarsi. In nessun altro posto come in India, infatti, ci si trova davanti ad una tale creatività nell’inventarsi un mestiere. A tal proposito, una delle foto esposte mostra la postazione di un barbiere ricreata nella strada, in mezzo al traffico dei motoricsciò, dei carretti e delle biciclette. Niente di più rappresentativo dello spirito di arrangiamento indiano. Infine il percorso tematico si conclude con uno sguardo al futuro: un treno che trasmette l’immagine di un India che va fiera verso il suo destino, un bambino che alza in altro al bandiera del suo Paese: La speranza Indiana, come recita il titolo del noto libro del giornalista Federico Rampini.

Percorso esaustivo e ben calibrato. Hai fatto riferimento alla donna. Qual è l’impressione che tu, Giorgia, in quanto donna occidentale, hai avuto nell’incontro con le donne indiane?
«Coi fianchi fasciati nei lunghi sari ondeggiano eleganti come ballerine, sempre in perfetto equilibrio nei loro carichi pesanti». Forse questa frase, tratta dal libro già citato di Rampini, meglio di altre esemplifica l’universo femminile indiano. Le donne trasmettono un’eleganza fuori dal comune: ognuna di loro è un luccichio di tinte che infonde allegria. In India non c’è una donna, sia anche la più povera, che rinunci agli ornamenti, ed è proprio in questi che si possono leggere dei significati particolari: l’orecchino al naso ad esempio rappresenta l’appartenenza al villaggio. Certo, per il resto, anche lì la situazione femminile è un tema discutibile: avere una figlia femmina è ancora considerata una sfortuna, anche perché sono proprio le donne, e quindi le loro famiglie, a dover mettere da parte una consistente dote per potersi un giorno sposare.

E i bambini? Parlaci un po’ di loro, di questa generazione che rappresenta davvero la speranza indiana…
Impossibile scordarsi di loro. A colpirmi è stata soprattutto la luce che emanano i loro gli occhi da furbetti. E qui ritorna quel mestiere dell’arrangiarsi di cui si parlava prima. Fin da piccoli, infatti, sanno che in qualche modo dovranno costruirsi un futuro ed è questa speranza che fa brillare i loro occhi. Durante il nostro viaggio abbiamo avuto modo di visitare anche una scuola creata dall’associazione umanitaria Food for life: è stato bello vedere la gioia negli occhi di questi bambini, talmente entusiasti di frequentare una scuola, da lasciarsi scappare qualche lacrima al momento di ritornare a casa. In Italia non mi è mai capitato di vedere piangere i bambini per la fine della lezione!

Realizzare un reportage fotografico significa in qualche modo entrare nelle vite degli altri, quasi spiarle. Che tipo di accoglienza vi è stata riservata?
Beh,si sa: la diversità attrae. Ma questo vale per tutti, così, come noi siamo stati attratti dagli usi, dai riti e dalla vita degli indiani, loro, dal proprio canto, si son sentiti attratti da noi. Più di una volta durante il viaggio è capitato che si invertissero i ruoli: erano loro a chiederci di farci fotografare. Questa attrazione reciproca ci ha permesso di entrare in simbiosi. Per il resto si son sempre dimostrati molto aperti e disponibili.

Una cosa assolutamente da fare andando in India?
Dimenticare di essere dei semplici turisti e lasciarsi catturare dal fascino della spiritualità, magari partecipando ai riti che fin dall’alba si compiono sui ghat, le scalinate che bordano i fiumi.

Così davanti ad un buon the speziato, accompagnati dall’odore avvolgente dell’incenso e allietati dalla visione delle foto, dai racconti di viaggio dei giovani fotografi e dalle delucidazioni del proprietario del locale cerchiamo di carpire i segreti di questa civiltà e dello Vaishnavismo (il culto di Visnu): la cremazione, la purificazione nel Gange, la reincarnazione, il valore del Kharma, il significato del Vedanta. Abbiamo tempo per un’ultima scorsa ai libri che popolano il locale, prima di dover far posto alle lezioni di Canto Vedico. Così a malincuore lasciamo la Bibliothé con la sensazione di aver fatto un breve, ma intenso viaggio di un pomeriggio in un mondo lontano, sebbene in realtà non ci siamo mai mossi da Roma e soprattutto con la sensazione di esserci arricchiti di un messaggio fondamentale: troppo spesso ci facciamo distrarre da vizi e frivolezze, dimenticandoci di quella riserva inesauribile di entusiasmo che c’è dentro di noi.

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