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I frutti dimenticati della letteratura contemporanea

evakent
[L’ILLETTERATA]

evakentQuesta settimana, cari lettori, ho l’opportunità di fornirvi in anteprima sulla sua uscita (prevista per il 9 novembre) la recensione del prossimo romanzo edito dalla MarcosyMarcos, casa editrice di Roma. Sono stata qualche giorno a dibattermi nell’incertezza se presentarvi un autore del passato o uno del futuro e, alla fine, ho pensato che forse la cosa migliore era battere sul tempo le librerie e raccomandarvi la lettura di un romanzo che, dal mio punto di vista, ha davvero un valore interessante.
Il suo autore si chiama Cristiano Cavina e non è alla sua prima fatica letteraria, visto che il suo romanzo Alla grande ha vinto il Premio Tondelli 2006 ed è stato non solo promosso nelle scuole, ma anche recitato a teatro.


I frutti dimenticati, è il suo quarto romanzo ed ha come protagonista un uomo cresciuto senza padre e finalmente adulto (ma poi è davvero così?) che si racconta al capezzale dell’uomo che gli ha dato la vita, incontrato finalmente ma già in punto di morte.
Del protagonista ci conquistano i ricordi dei giorni trascorsi fra le mura della scuola materna, o nel giardino del convento, della nonna, figura imponente e fondamentale della sua infanzia, di Suor Luca Maria che cura le intemperanze dei bambini con i Fiori di Bach, ma in lui c’è soprattutto la presenza forte di un uomo che soffre ciò che sta vivendo (la fine dell’ amore, una malattia imprevista, l’incontro col padre) e di slancio ci racconta questa sua esperienza di vita.
I frutti dimenticati del titolo sono quei frutti che nella festa del paese da sempre vengono venduti alla fiera, quei frutti che più nessuno coltiva e di cui Casola Valsenio (luogo geografico della Romagna dove si sviluppa il romanzo) è l’ultimo baluardo difensivo, l’ultimo posto al mondo da cui il protagonista, emblematicamente con lo stesso nome dell’autore, può prendere le distanze e affrancarsi.

Con un sottile velo di autocritica ed autoironia a volte anche piuttosto amara, che caratterizza il personaggio, ne I frutti dimenticati fino all’ultima pagina si sente e si vive il protagonista con le sue sofferte prese di coscienza, i suoi dolori, i suoi limiti, ma anche la sua incredibile forza.
La comparsa del padre fino ad allora assente è il filo conduttore su cui si muove il racconto. Cristiano a trentatré anni, di fronte a un uomo che non sa se chiamare papà, tenta di riunire presente e passato, proprio nel momento in cui sta per avere un figlio a sua volta, con una donna che non è più sicuro di amare, ma dove il presente fa comunque paura ed il passato è un forte centro di gravità permanente.
Un’interpretazione sicuramente poetica, ma anche terribilmente rabbiosa dei ricordi e delle loro ripercussioni su ogni momento vissuto. Dolce, comica, realistica, vitale narrazione che ci conduce per mano verso i veri “frutti dimenticati” della vita che sono le mirabolanti opportunità di redenzione, cambiamento, rigenerazione e rinnovamento che ci vengono offerte costantemente sotto forma di eventi anche dolorosi, difficili e catastrofici.
Sono un vecchio palombaro fortunato. Ho sbagliato tutto quello che si poteva sbagliare. […] Ho bisogno di una vita intera, solo per cominciare a chiedere scusa”.

Cristiano Cavina, I frutti dimenticati, Marcos y Marcos, pag. 201, € 14.50

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