Festa del Teatro, ma anche del Blues
[TEATRO]
Per il terzo anno consecutivo è tornata puntuale a Milano (e dintorni) la Festa del Teatro, manifestazione promossa dalla Provincia e dal Comune di Milano, dalla Regione Lombardia, dal Ministero dei Beni e delle Attività culturali e dall’Associazione Generale Italiana Spettacolo/Lombardia. Il programma della kermesse è stato denso e vario, proponendo più di 250 spettacoli in oltre 100 siti che includevano non solo i teatri cittadini, ma anche quelli di Monza, Seregno, Brugherio e Legnano oltre ad altre sedi come la suggestiva Chiesa di San Paolo Converso. Il prezzo? Popolare, visto che il costo oscillava tra il gratuito e i 3 euro. Risultato finale?
Lunghe code e teatri pieni dal 24 al 26 ottobre…insomma un successo che consolida ancor di più il primato di Milano come città con la più alta affluenza nelle sale.
Tanti i titoli in scena, a cominciare dallo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate di Luca Ronconi, che ha debuttato proprio nei giorni della Festa al Piccolo Teatro. Al Teatro Libero, invece, è andato in scena qualcosa di più “leggero”, ma altrettanto suggestivo e d’impatto, ossia Sulle Vie del Blues, spettacolo-concerto scritto e diretto da Lorenzo Costa e interpretato dallo stesso Costa insieme alla brava Federica Ruggero; per la parte musicale invece 3 abili musicisti e la calda voce di Alberto De Benedetti, uno dei pionieri della Black Music italiana.
Lo spettacolo inizia con la narrazione di una settimana tipica dei neri di New Orleans, per poi passare ad un gioco che ricorda molto il tormentone targato Celentano su cosa sia rock e cosa sia “lento”: in questo caso tra cosa è blues e cosa no.
Dopo questa breve introduzione, si entra nel vivo dello spettacolo con la presentazione di otto uomini che hanno fatto la storia del blues: si racconta brevemente la loro vita, aneddoti particolari e curiosi, la morte, per poi lasciar spazio alla loro musica, che è stata capace di renderli immortali. Si inizia con la storia di Blind Lemon Jefferson, il quale, nonostante la cecità, riuscì a diventare la prima grande star della chitarra della musica blues, salvo morire per assideramento dopo essersi perso in una fredda notte invernale: aveva solo 36 anni.
Dopo di lui è la volta di Johnson, la cui leggenda narra che avesse stretto un patto col Diavolo, al quale avrebbe venduto la sua anima in cambio della capacità di poter suonare la chitarra come nessun altro al mondo. In effetti Jonhson è ricordato ancora oggi per la sua strabiliante tecnica basata sul fingerpicking e non sull’uso del plettro, tecnica talmente strabiliante da essere stata un punto di riferimento per lo stesso Elvis Presley.
Ma la narrazione non termina qui: è infatti un racconto senza sosta quello dei due attori, che narrano anche le straordinarie vite di Eddy Son House, Charlie Patton, Howlin’ Wolf, Sonny Boy Wolf, Maddy Waters, per concludere con quella di B.B. King, colui che ancora oggi è considerato il Re del blues.
E’ a lui, alla sua storia e alla sua musica che è dedicata l’ultima parte dello spettacolo: viene così narrato l’aneddoto più curioso della sua vita, ossia di quando rientrò in un locale in fiamme dove aveva suonato per recuperare la sua chitarra, una Gibson semi acustica. Il giorno dopo, quando King scoprì che l’incendio era divampato perchè due uomini avevano combattuto per una donna chiamata Lucille, decise di chiamare Lucille la sua prima chitarra, così come tutte le chitarre che ha posseduto da quell’esperienza quasi fatale, per ricordarsi, come lui stesso dichiarò in seguito, di non fare mai più una follia simile.
Per quanto riguarda la scenografia, è spoglia, ma funzionale: sullo sfondo i ritratti dei bluesman di cui si parla, illuminati di volta in volta al variare del personaggio. In un angolo, una meravigliosa piccola orchestra, composta da Davide Serini alla chitarra, Mauro Mura alla batteria e Danilo Parodi al basso accompagnati dalla voce solista di Alberto De Benedetti: loro il compito di far rivivere il canto, a volte intimo e di profonda tristezza, a volte carico di rivolta, dei neri delle piantagioni o di quelli che vivono nei ghetti miserabili delle grandi città americane. Grazie a questa impostazione, la narrazione si alterna alla musica, mettendo in scena una rappresentazione di forte impatto emotivo che coinvolge e fa riflettere il pubblico in sala su quanto la storia sia stata crudele con il grande popolo nero.
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