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Gomorra: Saviano e dintorni

Alzi la mano chi non ha mai sentito parlare di Gomorra e/o del suo autore, Roberto Saviano. Probabilmente il suo libro, insieme a La Casta della premiata ditta Rizzo & Stella, è uno dei più noti in Italia, anche tra chi non ha mai aperto un libro in vita sua: solo per questo motivo sono da considerarsi due “fenomeni” editoriali.

Ebbene, dopo il clamoroso successo del libro prima e del film poi (scelto quest’anno a rappresentare l’Italia nella corsa agli Oscar), Gomorra sbarca al Teatro Leonardo di Milano (dal 14 ottobre al 9 novembre) in una pìece nata da un’ idea di Ivan Castiglione e Mario Gelardi e scritta a quattro mani dallo stesso Gelardi, che si occupa anche della regia e da Roberto Saviano. Lo spettacolo teatrale è indubbiamente un’opera che prosegue il turbamento iniziato con il libro, turbamento ben noto in chi si è addentrato nella sua lettura.

Tutto ruota intorno alle storie di cinque personaggi ossia Pikachu, Pasquale, Mariano, Kit Kat e lo Skateholder, introdotti da Roberto (inteso come Saviano): compito di questi personaggi è quello di raccontare da angolature diverse cosa sia la camorra, dove nasca e come si alimenta.
Lo spettacolo si apre con Roberto (interpretato da Ivan Castiglione) che parla in una piazza e racconta del Sistema, ossia il nome della Camorra usato dagli “addetti ai lavori”. Recita una serie di dati, di nomi, di fatti, recita la cronaca: il clan dei Casalesi, il maxi processo Spartacus, gli affari nel mondo nell’edilizia. Poi il buio e dunque la rappresentazione di quel sistema: il giro della droga, il traffico dei rifiuti tossici, la ricerca di nuovi e facili guadagni anche attraverso la vendita di bottiglie d’acqua in concomitanza dell’arrivo dei pellegrini a Roma per la morte del Pontefice. Il racconto è poi affidato a cinque personaggi, tutti depositari di una storia diversa e che rappresenta un tassello per capire meglio l’intero Sistema.

Si inizia con Kit Kat (Adriano Pantaleo) lo spacciatore, l’ultimo ingranaggio del meccanismo, votato all’illegalità per soldi: un personaggio che fa simpatia, troppo ingenuo per sopravvivere in quel mondo e a cui spetterà un triste finale. Poi è la volta di Pikachu ( interpretato da un bravissimo Francesco Di Leva), anche lui legato al traffico della droga, ma più disinibito e pragmatico dell’amico, visto che lui sa già quale sarà il suo destino: o la galera o la morte. Si differenzia da questi due personaggi Mariano (Giuseppe Gaudino) ossia il laureato in economia, nonché ideatore dell’ “affare acqua”, che desidera solo arricchirsi. Affine a quest’ultimo c’è poi lo Stakeholder (Giuseppe Miale di Mauro), bocconiano con un master a Londra, colui che riempie con rifiuti prodotti al Nord le terre campane. Infine, ultimo ma non ultimo per il suo coraggio, c’è Don Pasquale (Ernesto Mahieux), l’onesto sarto sfruttato dalle grandi griffe e reclutato dalla criminalità organizzata per istruire la manovalanza cinese, l’uomo che saprà dire no con fermezza alla “proposta indecente” dello Stakeholder.

La scena si compone di due piani, cosa che consente agli attori un continuo movimento, permettendo così la creazione di un percorso narrativo articolato in quadri, in cui vediamo alternarsi alcuni dei personaggi che, chi ha letto il testo originale, ha ancora ben vivi nella memoria. La scenografia è essenziale ed evoca le impalcature di quel mondo di manovali raccontato da Roberto nel suo discorso iniziale, adornata, a volte, solo da poche immagini proiettate che mostrano bottiglie di plastica, la scia di sangue lasciata dai clan, i cadaveri dei cinesi scoperti nei container.
Per quanto riguarda i dialoghi, si avvalgono, come è giusto che sia in una simile rappresentazione, di un linguaggio crudo e volgare, urlato e gesticolato. In particolare, alcuni dialoghi appaiono surreali: si va infatti dall’esaltazione per aver sparato al desiderio di essere immortalato al momento dell’arresto dal cellulare delle “femmine”.
Ciò che colpisce di più è la reazione del pubblico di fronte a certe scene: alcuni scambi di battute suscitano risate, come se la gente stesse assistendo ad una sorta di parodia della realtà, mentre quei gesti e quelle parole sono la realtà quotidiana di chi vive in certi contesti. Gli attori, dal canto loro, regalano un’interpretazione altamente realistica e coinvolgente.

Nelle stesse ore in cui debuttava a Milano, Saviano, complici anche le nuove minacce provenienti dal clan dei Casalesi, annunciava l’intenzione di lasciare l’Italia per vivere una vita normale e senza scorta: è forse questo il premio per chi, negli ultimi due anni si è prodigato per portare alla ribalta del grande pubblico un problema, quello della Camorra, conosciuto, ma mai approfondito?
Al di là di qualsiasi critica, più o meno condivisibile, legata a questo suo prodigarsi, riteniamo che un Paese in cui uno scrittore è costretto ad espatriare per una sua opera non possa definirsi un Paese civile, sensazione, questa, che si acuisce di giorno in giorno leggendo le notizie riportate dai giornali.

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