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A Villa Massimo l’integrazione culturale

[INTERCULTURA]

In tempi incerti caratterizzati da scelte a volte molto discutibili, a Villa Massimo, in occasione della rassegna La Villa Incantata, il 10 luglio scorso abbiamo passato una bella serata all’insegna della multiculturalità. Cosa questa di cui – coi tempi che corrono – forse più che mai, abbiamo un grande bisogno…
Ad esibirsi sono stati la Compagnia Yaaled con il suo spettacolo “Na dara Rom Estar” (Non avere paura degli zingari) sulla cultura Rom e la Compagnia Milon Mela di Calcutta con danze teatro e musiche tradizionali indiane.

Giusto a ricordare che il primo passo verso l’integrazione razziale è quello di entrare in contatto con una cultura diversa e riconoscerle la grande ricchezza di tradizioni che può vantare. E per questo grande passo hanno contribuito queste due compagnie, delle quali la Milon Mela soprattutto, ha compiuto magistralmente questa “missione”.

La Compagnia Milon Mela è composta da una ventina di musicisti di 4 etnie differenti che hanno proposto ognuna un diverso spettacolo: abbiamo infatti assistito ai canti Baul, alle danze Gotipua, alle danze Chhau e alle esibizioni con il fuoco dei maestri di arti marziali Kalaripayattu.
Le loro danze sono state capaci di ricreare le atmosfere incantate delle loro tradizioni ancestrali, che rimangono in vita da tempi remoti. Gli arti sinuosi dei ballerini si sono prestati a creare talvolta raffigurazioni divine; altre volte a riprodurre scene della vita campestre, e più in generale della quotidianità delle etnie in questione.
Seduti al lato dello spazio scenico, gli strumentisti hanno accompagnato l’esibizione dei ballerini. La loro musica si è presentata come semplice, ma ricercata. Ci sono stati momenti nei quali questa diventava quasi monodica: la voce del cantante si mescolava all’unico accompagnamento del sitar, che ripercuoteva ostinatamente una sola nota. Lontano certo dallo stile delle orchestre occidentali, ma di certo non meno suggestivo.

Una grande importanza nell’esecuzione a percussioni e campanelli, i quali hanno dato quell’impianto monotono e ripetitivo che è tipico anche delle musiche “da trance”. La loro musica è solenne come quella di una preghiera, e allo stesso tempo tiene integro in sé il sapore d’antico dato dalla longevità di questa tradizione. Ma non sono solo i musicisti che hanno catturato la nostra attenzione. I ballerini e coloro che si sono esibiti col fuoco si sono dimostrati sicuramente non da meno, creando drammaticità con ogni mezzo espressivo a loro disposizione: le movenze del proprio corpo, gli imponenti costumi indossati, l’uso delle pause tensione/distensione nella parte musicale, o le complesse acrobazie che abbiamo visto nella danza Chhau. La danza Gothipua, invece, vede esibirsi ballerini maschi vestiti da donna, che impersonano ruoli femminili. Sono tutti ragazzi dagli 8 ai 15 anni: ci hanno impressionato per la loro maturità artistica, oltre per la capacità di ballare come se fossero davvero donne, rendendo addirittura difficile l’identificazione allo stesso spettatore.

Insomma una gran bella serata davvero: ci ha incuriosito, appassionato, divertito e perché no? Abbiamo imparato anche qualcosa di nuovo!

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