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In DispArte Live

[ATTUALITA’]

C’è un contro-MArteLive che, anziché esplodere come è stato martedì 17 all’Alpheus, è imploso in giro per l’Italia generando suoni gutturali, squittii e sordi echi di piagnucolii soffocati. Si chiama In DispArte Live. Si tratta del MArteLive di coloro che, dopo molti ripensamenti, si sono autoesclusi dalla rassegna per avere più tempo per i travagli sofferti e per fissarsi sulla polvere sopra agli armadi di casa. Le diverse sezioni di questo MArteLive che non s’aveva da fare si sono gloriate della presenza rigorosamente impalpabile di numerosi personaggi che ritengono di essere, a torto o a ragione, degli autentici contromodelli, nel mondo dell’Arte.


Naturalmente, il primo che mi viene in mente è un grande performer che può vantare una carriera gloriosa pur senza aver mai calcato il palco di un teatro ma solo sostanze molli e olezzanti; parlo di Osvaldo Frollacioni, che martedì sera celebrava a suo modo la fine del MArteLive con una sua controproposta spettacolare che ha richiamato quei pubblici che, per motivi polemici o per snobismo culturale, hanno deciso di disertare l’Alpheus. Frollacioni martedì per la prima volta si è prodotto nel suo nuovo spettacolo, “L’intingolo”: ad occhi chiusi, seduto su una zuppiera di porcellana, e vestito solo di una muta da subacqueo su cui aveva incollato tondini di carota, ha immerso i suoi piedoni dolci in un bidet pieno di acqua ragia, mentre il suo volto inespressivo si atteggiava a Nefertiti, riuscendo ad evitare la ridicolaggine faraonica solo grazie ad un violento attacco di starnuti. In effetti il pubblico del vero MArteLive sarebbe stato del tutto impreparato ad uno show di tale portata innovativa, questi sono eventi degni solo di una elite di sofisticati cultori, che di fronte al resto chiudono ba-racca, burrattini e serrande e se ne stanno al buio con lo sguardo fisso sui buchi nel pavimento.

Un altro grande artista che ha preferito misurarsi con spazi e tempi più ristretti è stato lo scrittore Gedeone Pennucchia, il quale, in barba ad ogni convenzione su creatività, plagio, diritto d’autore e disturbi del comportamento, ha declamato dentro una scatola da scarpe l’intera sua opera intitolata Referto ospedaliero: estrazione calcoli renali spacciando questo poema sanitario per una creazione del suo intelletto vacante. Non è stato applaudito.

Il pittore Tarcisio Della Peppola, invece, per tutta la giornata di martedì non ha fatto che entusiasmarsi spandendo senape forte su vetrini da biologo usando un mattarello a mò di spatola con la convinzione di realizzare una serie interminabile più che seriale, di ritratti della sua ex, tuttora sua musa ispiratrice, finché poi, alle 5 del mattino, in preda ad un furore iconoclasta, li ha distrutti tutti saltellandoci sopra con, ai piedi, scarpe chiodate da scalatore. In questo modo, con una “rumba rituale” egli avrebbe superato e surclassato sia Fontana che Pistoletto decretando la fine della morte dell’Arte e l’inizio dell’Idiozia sublime.

Nel campo musicale il grande Huagliò, al secolo Landolfo Sputazeppi, ha bollato il MArteLive come un “Festivalbar per rimorchioni” ed ha preferito isolarsi in alta montagna tra capre imbalsamate ed adepti di una setta che annuncia il giudizio universale dopo la finale degli Europei di calcio; lassù, tra rupi inaccessibili è riuscito ad ottenere un’ovazione sulla fiducia prima ancora di suonare una sola nota, condizione irrinunciabile, per lui, per potersi esprimere, indi ha scosso un sonaglino per bebé accompagnandosi con un tamburello sfondato mentre cercava di ricordarsi le parole della sigla dello Zecchino d’oro, di cui voleva improvvisare una cover aggiungendovi campionamenti vocali “parlati” presi dagli spot dei detersivi. Un’operazione straordinaria, che rende minimale un’ispirazione nulla.

A tenere le fila di tutta questa fastidiosa congerie di pasticci artistici, Pandolfo Filmetti, un maestro del video-sharing che ha promesso di ibernarsi in un DVD riassuntivo di tutti i suoi sgarbi espressivi; prima però ha voluto collegare in una rete di messaggerie scritte e documentazioni in real-time tutti i partecipanti a questa sagra della clausura nelle torri d’avorio, per far chiaramente intendere che senza una inadeguata promozione si riesce a non irradiare sciocchezze. Raccogliendo, dagli artisti succitati, SMS e MMS non pervenuti per insufficienza di credito telefonico, ha creato un’opera multimediale che poi (dice) ha provveduto a proiettare via radio giù dall’Himalaya, su cui ha installato un’impianto luci tale da creare un home-theatre a valanga catturando anche l’energia solare sprigionata dai satelliti di Sky, di Giove e di Saturno. In realtà, armato di una doppia piastra portatile e di una vecchia torcia, si è arrampicato sopra un cumulo di spazzatura in una discarica ed ha registrato gli squittii dei topi in un VHS e i segnali radio in onda corta su un PC Commodore dell’84 trasformato in Presepe, mettendo poi a palla il volume di tutti i mini-show inviati per raccomandata. Un montaggio serratissimo da martello pneumatico ha compresso insieme quarantatre minuti di sbadigli spettacolari e battutacce da osteria, nonché le testimonianze neanche risibili di atti che più che artistici possono essere catalogati come di vilipendio del proprio ego, fino a raggiungere vette ineffabili con l’esplosione, a cura dello stesso Filmetti, di una miccetta in un canile abbandonato mentre si metteva le dita nel naso bucandosi un occhio e intonando “La spernacchiata delle Cabirie”, opera in tre peti ispirata dalle amiche di sua moglie, che hanno lo stesso ridicolo nome e la stessa isterìa. Filmetti è convinto che Wagner in persona l’avrebbe osannato per questa sua interpretazione del concetto di opera d’Arte Totale, e non è detto che il grande compositore non riesca per la rabbia ad uscire dalla tomba per andare a scotennarlo!

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