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Il Ventaglio nel segno di Ronconi

Milano – La prima stesura de Il Ventaglio fu realizzata da Carlo Goldoni a Parigi, la città dove risiedeva dal 1762 dopo la precipitosa fuga da Venezia a seguito delle polemiche e delle persecuzioni scatenate contro di lui dal rivale Gozzi. La versione in italiano risale invece al 1765. «Il motore della vicenda – spiega il regista dello spettacolo, Luca Ronconi – è un oggetto da nulla, un ventaglio da pochi soldi: eppure questo inerte accessorio riesce ad incrinare legami, a produrre scontri, a scatenare crisi».


Lo spettacolo inizia con un colpo d’occhio davvero impressionate, con una scena che pare un’istantanea di un tempo che ormai non c’è più, un fotogramma di vita sociale che resta immobile qualche istante per animarsi quando, a turno, ogni personaggio inizia a descrivere la propria posizione all’interno del piccolo borgo di campagna di Villa delle Case Nove, nel milanese; poi il motore dello spettacolo si avvia con la quotidianità, i cui gesti e parole si ripetono anche in modo un po’ noioso: probabilmente è proprio questo incipit di circa mezz’ora la parte meno interessante dello spettacolo, quella che fa temere per il prosieguo e invece la narrazione inizia a farsi sempre più coinvolgente, con un crescendo di avvenimenti e baruffe. Sulla scena domina un balcone sospeso nel vuoto da cui si affacciano la signora Gertruda (Giulia Lazzarini) e la nipote Candida (Pia Panciotti), mentre sotto, distesi sul palcoscenico, s’incastrano il desco del ciabattino Crespino, l’osteria di Coronato, la merceria di Susanna, la farmacia di Timoteo e il bar di Limoncino: in questo ambiente scorazzano Evaristo, un borghese gaudente e cacciatore, il suo amico, il Barone del Cedro ed un esilarante e spiantato Conte di Rocca Marina (Massimo De Francovich).

A questi si aggiungono Moracchio, servitore del nobile Evaristo e la “vivace” e sensuale sorella Giannina. Le vicende cominciano ad animarsi con la rottura del ventaglio di Candida, cadutole dal balcone, cosa che spinge Evaristo, suo amante platonico, all’acquisto presso la merceria di un altro ventaglio, con il solo fine di poter dimostrare il suo amore. Sarà proprio quel ventaglio, che passerà di mano in mano, a recare scompiglio e disordine. Proprio come avviene in una commedia degli equivoci, Evaristo affida l’oggetto a Giannina (Federica Castellini), irrequieta contadina contesa da Crespino e Coronato. A causa però di un equivoco e delle malelingue messe in giro dalla merciaia Susanna, Candida si convince che il suo promesso le preferisca la palpitante popolana. Da qui una serie di equivoci, alimentati soprattutto dal rapporto ambiguo tra Giannina ed Evaristo, che, pur dichiarando di non essere attratti l’un l’altro, dimostrano il contrario creando diversi malintesi in paese, a cui fa da cassa di risonanza il personaggio “passante” di turno che spesso deduce senza sapere e viene inghiottito dalla sua stessa incapacità di comunicare, creando così scompiglio nella quiete della campagna milanese e nelle due coppie della commedia. Nobili, borghesi, contadini, mercanti e artigiani si ritrovano così tutti coinvolti in una vera e propria caccia al ventaglio che si concluderà con il ritorno allo status quo di inizio spettacolo preannunciato da una tempesta di vento, resa in modo molto realistico, che solleva in aria gli scenari, rovescia gli arredi e i mobili, scoprendo una struttura di vetro e acciaio che sembra alludere a un moderno capannone industriale, presagio di tempi nuovi ormai incombenti. Questo è indubbiamente un passaggio di grande effetto capace di infrangere l’immobilità del quadro iniziale e di stupire il pubblico. Quando, infine, il frastuono si placa è tempo di confermare le unioni tra le coppie promesse, come vuole la convenzione.

Dal punto di vista tecnico, è indubbio che uno dei valori aggiunti di questa rappresentazione è la scenografia di Margherita Palli, che riesce a creare un ambiente aperto/chiuso in grado di unire un’ ambientazione d’epoca a strutture moderne quasi avveniristiche, come il balcone di ferro che si alza e si abbassa per spostare l’attenzione sul ruolo dei personaggi e sulle fasi dell’azione. A ciò va sommata una regia degna di nota, con l’unica pecca di realizzare uno spettacolo troppo lungo (circa 150 minuti) e che all’inizio lascia alquanto perplessi gli spettatori sia per le musiche che per la lentezza della narrazione. Attori tutti degni di plauso, ma tra essi spicca soprattutto Massimo De Francovich che fa del personaggio del Conte un elegante ed esilarante nobile decaduto, che cerca di trarre giovamento da ogni situazione che gli si pari dinanzi.

Insomma, uno spettacolo che merita di esser visto per più di un motivo e capace di lasciar lo spettatore davvero soddisfatto al calar del sipario.

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