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I Demoni di San Pietroburgo

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il7Se siete i tipi che la fanno facile e aspettano tutto l’anno i tepori della primavera, vi sarete sicuramente persi I demoni di S. Pietroburgo.
La visione di questo film, intendiamoci, non è un’esperienza così dura come tuffarsi in un lago ghiacciato in Siberia

(come accade ad un personaggio in una scena) anche se la sera in cui ho vistoil film qualcuno m’ha attaccato il raffreddore, però è un’opera che nel suo impianto, esteticamente validissimo, ci pone di fronte a sofferenze e fatiche fisiche e morali che lo spettatore medio potrebbe percepire come lontane. Sotto il profilo poi dei contenuti, la realizzazione di questo dramma sembra anche un contrap-passo attraverso cui è dovuto passare il grande regista Giuliano Montaldo per compensare quasi i tanti film “scomodi” della sua filmografia, dal notorio “Sacco e Vanzetti” a “L’Agnese va a morire”, fino a “Gli occhiali d’oro”, ma l’impegno è stato una costante in tutta la sua produzione.

I demoni di S. Pietroburgo infatti, pellicola di impostazione decisamente classica ma non certo inattuale nei ritmi e nelle scelte fotografiche, attinge tanto al senso dell’opera che alla biografia stessa di Fedor Dostojevskji, ed in chiave politica può esser letto come un’ammonizione a prender le distanze dai cosiddetti “cattivi maestri”. I romanzi del colosso della letteratura russa (forse non il più grande o il più radicale, come argomentano alcuni “socialisti” di oggi) avrebbero infiammato gli animi dei rivoluzionari, che avrebbero visto in lui un ispiratore, anche se non del tutto consapevole. Nel film assistiamo ad un attentato che miete anche vittime innocenti, e seguiamo poi gli affannosi tentativi dello scrittore di rintracciare la leader del gruppo sovversivo nel tentativo di sventare un nuovo piano terroristico anti-zarista, senza contemporaneamente smettere mai di produrre pagine su pagine del suo ultimo romanzo “Il giocatore”, cercando di rispettare i tempi di consegna strettissimi impostigli da un editore aguzzino con cui ha firmato un contratto-capestro. D’altronde, il romanziere è esposto anche alle pressioni di diversi creditori a causa di debiti contratti nel gioco. A queste due principali “rincorse” si aggiungono i ricordi ossessionanti di una vita di sofferenze, compresa la fucilazione scampata, i lavori forzati in Siberia, ed i frequenti attacchi epilettici.

Il progetto di questo film era da lungo tempo presente nella mente di Montaldo, ed anche il regista è riuscito solo dopo diverse difficoltà a farselo approvare, grazie all’appoggio della casa di produzione Jean Vigo Italia, ed i il prodotto meritava certamente di venire alla luce, anche se non sempre le ambizioni sono realizzate a pieno, e lo svolgimento del plot conosce sì momenti intensi ma altrettanto spesso si lascia mettere a confronto con gli sceneggiati televisivi di ultima generazione, non riuscendo sempre a sollevarsi all’altezza dei testi originali a cui si ispira.
In ultima analisi, non resta che accogliere dai volti degli interpreti chiave quelle sfumature che danno respiro all’opera e raccogliere l’ammonizione a cercare l’Uomo e rifuggire da un’adesione cieca ad ideali astratti, facile e fatale deriva verso il delirio d’onnipotenza e la violenza. Montaldo, non diversamente da Dostojevskji, è un ottimo maestro, le cui lezioni sono cariche di pietas e inducono alla riflessione. Il libero pensiero di Dostojevskji, unito all’elegante, magari un po’ teatrale, illustrazione che ne offre Montaldo offrono un compendio di partecipazione civile, inda-gine sull’essenza dell’Uomo e travaglio artistico.

Eva Kent, Il_7 su I Demoni di San PietroburgoFilm, martelive, martemagazine, Rubriche

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