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Amore al seggio

[LE PROUDERIE]

 

Entro a scuola. Varco la soglia della speranza e metto piede nell’androne al pianterreno. Sull’angolo, un carabiniere ha preso il posto quotidianamente occupato dal bidello. In bacheca la lista dei candidati. Inconfondibile nel layout. Cerco di comprendere quale sia il mio seggio. In questo sono agevolato dal mio spiccato senso dell’orientamento.

Lo vedo sul fondo della stanza. Mi dirigo verso la mia scrutatrice. La scruto. Trent’anni circa, capelli neri a caschetto, viso affilato, corporatura snella, jeans scuro elasticizzato e piuttosto attillato, stivaletti scamosciati, maglioncino di cotone nero a girocollo. E’ seduta, ragion per cui non riesco a farmi un’idea ben precisa dei glutei. Ma stamane voglio essere ottimista. Incrociamo gli sguardi. Le passo la carta d’identità e la tessera elettorale. Rivolgo verso il basso il frontespizio: adoro esaltare la curiosità femminile. Lei scrive qualcosa sul registro. Sorrido e fingo di emettere un piccolo rutto, opportunamente soffocato. Voglio che la scrutatrice arrivi a chiedersi se non sia il caso di invitarmi a cena in un ristorante macrobiotico ad alta digeribilità. Un signore mi passa le schede elettorali. Entro in cabina. Canticchio “Dite a Laura che l’amo” di Michele per rompere la tensione. Sono combattuto tra il mio senso civico e la necessità di assecondare i desideri della scrutatrice. Decido per la seconda opzione, ma con il dovuto rispetto per la mia privacy. Le scrivo, sulla scheda per il Senato: “Non ti lascio il mio numero di telefono, ma lo puoi comunque trovare scritto in tutti i bagni delle ragazze”.

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