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Allor che la mente cede AL LEVItar dell’aria

«…se potessi ti direi dell’incanto di un sogno, di uno di quelli solubili nell’aria, e in cui non vi sia nulla in sé che pesi o che si posi. Lì vi vedresti un nuotatore, fluttuante e immobile essere travolto e rivolto da un implacabile vento, e come in un vortice di suoni venir condotto da questo flusso, al pari della luna nelle eburnee volute di una ciprea concessa all’arena. E non vi sarebbe l’impavido orologio degli dei a disporre col suo arbitrio di metronomo ciò che i più si ostinano a chiamare tempo. Tutto, tutto sarebbe sospeso ed evanescente come una danza d’acqua, privo di vanità eppur livido d’emozioni, incalzante come il tocco di un panico improvviso. E se tu vi facessi visita, allora saprei come sei veramente, allora sì ti chiederei di prendermi, affinchè un bacio mi riconsegni alla vita. Ma la musica è essenzialmente inutile, come l’esistenza…come ciò che ti scrivo!...».

Mai recensione ebbe come adesso sembianza di misfatto. Eppure non saprei trovare altro modo per narrarvi l’alienante rapimento prodotto dal concerto di Giovanni Allevi, tenuto sabato scorso all’Auditorium Parco della Musica (90 minuti onirici). Sì, sarebbe stato senz’altro più congeniale indugiare sul gioco di affinità con Debussy, Rachmaninov, o Clayderman. Sarei stato più coscienzioso a parlarvi del suo sodalizio con i Berliner, accennare a un plauso per le 60mila copie vendute del suo “Allevilive”, e perché no, anche ricordarvi le prossime tappe del nuovo tour.Ma nel frattempo avrei smarrito il sussulto di quei tasti, il folle volo dell’immaginazione a cui costringe il voluttuoso distendersi delle sue ariose armonie. Avrei disperso persino la sensazione di quell’aura vitale in cui ogni fiato del pubblico sembrava testimoniare il mutarsi dell’ispirazione in re-spirazione. E la memoria cosa avrebbe potuto evocare dell’ancheggiare sbilenco di quell’impacciato folletto, o di quel suo ingenuo vezzo di lambire dopo ogni brano l’amato strumento, quasi fosse la gratifica al fedele ronzino di un Chisciotte ritemprato da una nuova battaglia? Forse niente; eppure credetemi, in quella sala al completo anche il silenzio in cor suo scelse di tacere.

…quindi vi fu il saluto, e l’ultima carezza a Ronzinante.

NB: che insondabile coincidenza! “folletto” deriva dal provenzale “follet”, ma prima ancora dal latino “follis”/”fòllere”, che significa “fluttuare…nell’Aria”.

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