Tra i tanti attesissimi ospiti del MArteLive 2010, i 2Pigeons.
La band – non sono un duo, loro ci tengono a sottolinearlo –, propone un lavoro di ricerca molto interessante, che rende suono anche la voce, creando atmosfera e comunicazione diretta.
Ardua impresa per la musica “elettronica”, e che distingue il suonatore di citofoni dal musicista.
Li abbiamo incontrati e siamo saliti a bordo della loro navicella musicale.
Da dove arrivano i 2Pigeons? Da dove sono partiti?
Pigeon1 dall’Albania. Pigeon2 dagli Stati Uniti.
Queste lontane partenze determinano tutt’ora il nostro viaggio perché, in quanto piccioni, manteniamo bene il senso dell’orientamento. Ci siamo incontrati a Milano. Venivamo da esperienze molto simili. Pigeon1 dagli East Rodeo e Pigeon2 dai Museo Kabikoff, gruppi che nel loro essere fuori dagli schemi si somigliano sorprendentemente. Così abbiamo deciso di continuare il viaggio insieme.
Secondo voi perché certa musica genericamente elettronica ha al suo interno l’immaginario e l’iconografia sovietica e/o dell’Europa dell’Est? Per voi quanto è rilevante?
La musica elettronica e l’arte del Realismo Socialista di per sé non hanno nulla in comune.
Sono gli artisti che hanno in comune la volontà di piegare la Macchina alle proprie necessità creative. Nel primo caso si tratta di macchine vere e proprie. Nel secondo, dell’enorme macchina propagandistica sovietica. Per questo l’iconografia sovietica si presta facilmente a essere usata dalla musica elettronica.
Noi ci ispiriamo principalmente ai fumetti di Enki Bilal. Anche lui è nato oltre la cortina di ferro, nell’ex Jugoslavia. Nei suoi disegni è forte il richiamo al blocco dell’Est ma sempre in chiave post-sovietica.
Esattamente questo vorrebbe essere pure la nostra estetica visiva. Anzitutto Post e poi Sovietica.
Come definireste, se è possibile farlo, il genere della musica che fate? Vi definireste dei pionieri?
Fabrizio Galassi, su Kataweb (http://canali.kataweb.it/kataweb-talentscout/2009/12/30/2-pigeons-land/), ha definito la nostra musica free-pop. A noi piace la definizione pop perché quelle che facciamo sono semplicemente canzoni e free perché “facciamo un po’ quello che ci pare”, come una piccola Casa delle Libertà!
Il tono di questa risposta rende inutile precisare che non ci sentiamo per niente pionieri.
Tornando seri invece potremmo azzardare una definizione: rettronica.
Ripensandoci, potrebbe essere anche il nome del nostro prossimo album.
Come scrivete le vostre canzoni? Partite dalla musica, dalle parole o da entrambe?
Non c’è uno schema fisso. Il punto di partenza è sempre stato quello di scrivere per un’orchestra di soli due elementi.
Ogni brano poi ha un po’ la sua storia e man mano che ci conosciamo anche il processo di scrittura si modifica. A volte si parte da uno spunto ritmico o da un semplice groove di basso, altre volte da una sequenza di accordi sulla quale si lavora insieme, spesso improvvisando: si cerca la melodia e da questa infine, le parole.
Come armonizzate la base “artificiale” dell’elettronica con quella “umana” della melodia e della voce?
In una recensione hanno scritto di noi “Land: un’ anima soul dentro una corazza di elettronico metallo”; il contrasto tra la freddezza dell’elettronica e il calore della voce è l’aspetto che ci intriga di più.
Il tentativo è quello di rianimare le macchine. L’armonizzazione avviene per semplice accostamento di questi elementi: l’elettronica di Pigeon1 e la voce di Pigeon2. Nessuna ricetta segreta.
Progetti per il futuro?
Rettronica!
Ci vediamo presto, piccioni viaggiatori…
Chiara Macchiarulo