99 Posse – ritorno al futuro
Venerdì 9 ottobre sono tornati a Roma i 99 Posse, anzi, è tornata a Roma la 99 Posse. Tappa capitolina, all’Alpheus, Ostiense. Per il tour della riunione della band napoletana, rinata dopo sei anni di chiusura delle attività. La più importante posse italiana mai esistita dalla nascita del movimento musicale sociale che ne determina la metà esatta del nome, ha scelto ora di rientrare in campo. Causa emergenza politica.
Luca Zulù Persico, Massimo Jrm Jovine, Marco Messina, Sacha Ricci, Claudio Marino, ovvero il nucleo originario e primitivo della posse napoletana si è rimesso insieme pochi mesi fa ed ha comunicato ad adepti, ascoltatori e detrattori che da quel momento avrebbe ripreso a suonare. I 99 Posse quindi sono ripartiti, per il futuro dal primo passato. Ovvero dalla formazione primigenia, dalle menti e dalle corde che hanno partecipato nei primissimi anni ’90 alla creazione di un progetto – manifesto che dopo cinque o sei anni sarebbe diventato il primo esempio di band politica e di assoluto antagonismo. Manca evidentemente Meg, la voce femminile di tanti successi del momento mainstream e si sono aggiunti invece il percussionista Gennaro de Rosa e Peppe Siracusa, ex chitarrista di Aretuska probabilmente trasportato alla corte di Zulù da Jrm Jovine che ha suonato e registrato con la band di Roy Paci l’album Suonoglobal.
“Abbiamo sentito il bisogno di riunirci e risalire sul palco” – ci ha detto Zulù. “La situazione in cui versa il paese è drammatica”. Dichiarazione di intenti, manifesto. Con tutta l’enfasi e la teatralità messianica che Zulu usa in ogni suo concerto ed in ogni sua uscita pubblica.
I 99 Posse sono stati tra i massimi esponenti del movimento Posse italiano, contemporanei al tempo della fondazione ad Almamegretta, Isola Posse All Stars (Sangue misto e Treble), Salento Posse (Sud Sound System), i romani e mitici Onda Rossa Posse ( Miltant A/Assalti Frontali), AK47, Villa Ada Posse, nati in un calderone di note politiche e bollenti che negli anni novanta sfornò anche roba come Mau Mau, Ustmamo, e nella quale confluirono i già rodati Banda Bassotti, Disciplinatha.
Robe differenti, di molto alcune, ma forzatamente costrette in queste quattro righe per inchiodare insieme un flusso d’aria compressa, salutare e ossigenata, che negli anni novanta alzò l’eco di protesta. Con e dalla Pantera, innaffiando l’apertura di decine e decine di concerti, dibattiti, manifestazioni, decine di centri sociali. Come l’Officina 99 appunto, gemella omozigote della 99 Posse. Carapace occupato di una tartaruga sonante e mobile. All’alba dei 99 Posse c’era una Repubblica fallita, cominciava a suppurare il bubbone Tangentopoli, Capaci, via D’Amelio, le picconate, la rivelazione di Gladio. E Berlusconi sarebbe poi sceso a ricostruire i suoi ponti d’oro sulle macerie. Ora al momento della ricostruzione della band, ci ritroviamo i papelli, Ciancimino, Fondi, Dell’Utri, il razzismo becero, l’omofobia sinistramente trascurata.
I 99 Posse uniscono ed unificano col loro ritorno, riassumono nella loro carriere, nei bersagli preferiti delle proprie rime, i venti anni che hanno piegato e distorto il tessuto civile e solidale italiano. Hanno cominciato a suonare alla fine della Prima Repubblica e tornano a farlo di nuovo nel massimo delirio cieco della deriva della Seconda Repubblica. Il ritorno della band di Zulu non è certo il segno divino che indica la rinascita, e nessuno stava attendendo un messia. Però questo rientro in pista può tranquillamente essere salutato con benevolenza ed utilizzato poi come pretesto per il risveglio di tante coscienze critiche. Più o meno caustiche che siano. Un’unione di intenti simili e assonanti, armonici, sia che ascoltino Zulu, che Ivan della Mea o Mercedes Sosa. Dall’onda a chi ricorda il referendum sulla Repubblica. Perché si resista e si respiri insieme a polmoni aperti contro una cultura che getta catrame piombo fuso e cemento su un paese che si sta inaridendo. Ah, il concerto è stato pieno, coinvolgente, accaldato.
Se fotografato al buio il concerto dell’Alpheus potrebbe essere scambiato per un altro di venti anni fa. Sotto il palco un migliaio di persone, in gran parte sotto e intorno ai venti anni.
I 99 Posse sono ora, per gli studenti dell’onda, quello che erano prima per quelli della Pantera. Non c’erano molti studenti della vecchia pantera a occhio e croce il 9 ottobre. Probabilmente la vista dei nuovi 99 Posse è ora lasciata ai ragazzini. Però sicuramente l’ascolto di pezzi e brani storici no.
Zulù, tornate alla carica…
Torniamo alla carica perché l’epoca lo richiede.
Come alla fine degli anni ottanta…
Si, siamo in un periodo simile, che ha però delle connotazioni maggiormente negative.
Ovvero?
Stanno crescendo e moltiplicandosi organizzazioni di destra. Per il resto stiamo come prima. C’è un terzo della popolazione mondiale che ha la possibilità di costruirsi un futuro ed un terzo no. Che fa fatica a campare, tartassati dal continuo correre verso la sicurezza, che si ritorce contro gli stessi che la richiedono.
Momento pessimo, quindi?
Si, e le valutazioni peggiorano quando ci si rende conto dell’assenza di una sinistra che si faccia carico e si renda conto dei problemi della gente.
E quindi ci state provando voi a dare una smossa all’aria?
Ci siamo ricordati di avere a disposizione un amplificatore rodato, uno strumento che ci permetteva di parlare alle masse.
Alle masse?
Nel periodo della chiusura della 99 Posse ho continuato a lavorare, partecipare. Ho fatto film, libri, gruppi. E ogni tanto mi accorgevo di essere sempre di fronte alle stesse persone, a volte annoiate. Appena tornati con i 99 si sono viste le masse, le masse vere. A Milano abbiamo per esempio dovuto replicare un concerto la stessa sera. Due concerti consecutivi, per permettere a tutti di esserci. E allora ho capito che la gente c’è. Quello che manca è qualcuno che unisca tutti. Ci hanno quasi convinti di vivere in un mondo di destra, dove non si può uscire. E forse è vero.
Ma?
Ma noi ci siamo. La nostra parte è sempre la più bella, allegra.
Vi candidate come collante?
No la gente c’è, la voglia pure. Serve qualcuno che mobiliti e unisca tutti per reagire insieme. Noi però facciamo musica, non siamo Beppe Grillo, non facciamo partiti politici. Siamo musicisti.
Ma con le nostre parole, le nostre scelte commerciali e politiche possiamo dimostrare che fare alternativa è ancora possibile. Ognuno di noi è stato per otto anni concentrato in propri progetti, proprie attività. Ora abbiamo deciso di mettere da parte tutto, e siamo tornati insieme. Accantonando per la 99 Posse tutto quello che stavamo facendo. Rinunciando anche a cachet personali più alti. Prima eravamo ognuno per sé, ora siamo di nuovo quattro. E non abbiamo moltiplicato il cachet della band per quattro. Si è sempre viaggiato in un certo standard. Abbiamo fatto un sacrificio nel nome di un progetto, di una causa. Per tornare a dire alla nostra maniera ciò che crediamo sia necessario ora dire. Sperando che lo faccia anche qualcun altro.
Per esempio?
La sinistra che invece di denunciare i vari Lodo Alfano, le varie mafie, è ancora impelagata a discutere dei fatti interni. Senza interessarsi agli immigrati rimpatriati perché vendono senza scontrino fiscale, su barche che si incrociano con altre che trasportano i capitali rimpatriati dalla scudo fiscale. È una politica, un governo, fondata ormai su due pesi e due misure. E nessuno lo dice.
Politica internazionale: Obama?
Non ho un’opinione precisa. Non sono espero di politica americana. Però sicuramente sembra molto meglio del suo predecessore, che soltanto a guardarlo in televisione ti chiedevi come fosse possibile che uno del genere fosse la persona più importante del mondo.
E il Nobel ad Obama?
Mah, sulle intenzioni. Non ha ancora ritirato truppe dall’Afghanistan per esempio…
Avete pronto un nuovo disco?
Un disco ancora no. Ci tenevamo prima di tutto a suonare, a tornare. Il disco verrà quanto sarà maturo farlo. A fare un pronostico credo intorno alla prossima estate. Dopo avere suonato e tanto. Per ora siamo tornati sui palchi e va bene così. Era quello che volevamo.
Corrado De Paolis
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