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Chiara Tomarelli: attrice di carattere

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IMG_0918Mentre la fervida macchina del MArteLive si rimette lentamente in moto aprendo le selezioni per il 2010,  il MArteMagazine continua ad incontrare per voi i più interessanti talenti premiati nella scorsa edizione. Questa settimana è stata la volta di Chiara Tomarelli che si è distinta nella Sezione Teatro, presentando il toccante corto Madonne di Beslan, dedicato al drammatico assedio terroristico alla scuola numero uno di Beslan.

Chiara, che cosa ha significato per te aggiudicarti questo premio?
È stato un riconoscimento indubbiamente importante, che mi è servito come stimolo e sostegno fondamentale in un momento piuttosto scoraggiante per il mondo del teatro. Quel che mi ha maggiormente sorpreso è che l’apprezzamento ricevuto dal MArteLive è stato molteplice ed il testo ha ricevuto più di un premio, non ultimo quello della critica, confermando il valore di un tema su cui ho investito molto.

In effetti il corto era concentrato su un argomento particolarmente delicato, come sei riuscita a conquistare l’attenzione del pubblico in un contesto festoso e spensierato come quello dell’Alpheus?
In effetti non mi aspettavo di ricevere una risposta tanto attenta ed appassionata in una situazione in cui l’attenzione del pubblico avrebbe potuto disperdersi molto facilmente, ma avevo grande fiducia nelle possibilità del testo e l’interesse che ha suscitato mi ha dimostrato, una volta in più, che le persone sentono il bisogno di conoscere storie capaci di dimostrare un impegno civile e sociale.

Ti sei concentrata su avvenimenti molto recenti…
Mi sono resa conto solo a posteriori di aver fatto una scelta piuttosto rischiosa, perché quando mi sono lanciata in questo progetto l’ho fatto seguendo esclusivamente il mio istinto e la mia necessità di affrontare un argomento che mi stava a cuore. Credo che il teatro sia un’occasione importante per parlare di quello che ci è contemporaneo e – se usato con onestà, umiltà e rigore – può diventare uno strumento fondamentale di informazione e di divulgazione. Il mio intento è quello di usare una forma artistica per ampliare la conoscenza e, in questo caso, la coscienza.

La tua intenzione era quella di un’esposizione neutrale o desideravi esprimere la tua posizione?
Non avevo la presunzione di dare delle risposte, quanto piuttosto di porre delle domande che potessero suscitare nello spettatore reazioni diverse, elaborate secondo i propri mezzi e la propria sensibilità. Proprio per questo ho voluto parlare attraverso le parole della stessa Politkovskaja a cui, nello spettacolo completo, ho integrato altre voci ed altre riflessioni tentando di restituire un’immagine completa dei fatti.

Lo spettacolo ricostruisce la cronaca dei fatti attraverso le parole della giornalista russa Anna Politkovskaja. Come sei approdata a questo progetto?
Il percorso è iniziato con uno spettacolo fatto insieme alla compagnia Babateatr incentrato proprio sulla figura di Anna Politkovskaja. Il lavoro ha avuto una lunga gestazione – quasi tre anni – durante i quali ho avuto modo di studiare molti suoi articoli e di riflettere sugli argomenti di cui si era occupata. In quel periodo mi sono imbattuta nella vicenda di Beslan e ne sono rimasta profondamente colpita, al punto di voler continuare in quella direzione con un progetto specifico.

Parliamo dello spettacolo: sul palco sei completamente sola, ma dai voce a molte presenze. Come hai costruito la tua interpretazione?
Nella costruzione dell’impianto drammaturgico mi sono ispirata direttamente allo stile con cui la Politkovskaja costruiva i suoi articoli, affiancando alle testimonianze dirette le sue riflessioni personali, da cui scaturivano le analisi delle responsabilità e delle conseguenze dei fatti. Nello spettacolo non ci sono personaggi veri e propri, ma una miriade di emozioni private a cui ho cercato di dare corpo, vivendole in prima persona ed evocandole con il massimo del realismo. Ho voluto mantenere il gioco tra dentro e fuori, l’ambivalenza tra pensiero critico e fatti di cronaca.

Hai lavorato con te stessa e su te stessa. Che cosa significa per un’attrice scrivere, dirigersi, e recitare?
Lavorare da sola non è stata un’intenzione programmata, ma una pura casualità che però mi ha portato a confrontarmi duramente con me stessa. La solitudine è una condizione difficile e molto impegnativa, non solo perché sei l’unica energia in campo su cui contare, ma soprattutto perché manca uno specchio attraverso cui osservarti e devi imparare a guardarti con gli occhi di un altro. Ma al tempo stesso è un’esperienza importantissima ed una grande opportunità di crescita, perché ti costringe ad un’adesione totale con il tuo lavoro e ad una conoscenza più profonda delle tue possibilità.

Quali sono i tuoi progetti, adesso?
Il percorso individuale in cui mi sono avventurata mi ha portato ad affrontare molte tematiche sociali e civili, soprattutto da un punto di vista femminile, fino a costruire una sorta di trilogia dedicata al rapporto tra le donne e la guerra. Ho da poco debuttato come regista e protagonista di uno spettacolo basato sul testo di una drammaturga croata, che racconta la realtà delle donne kamikaze e che ha ricevuto un’accoglienza calorosa anche al Festival di Napoli. Il secondo tassello di questo trittico – Europa – è ancora in via di definizione e racconta il punto di vista della moglie di un ipotetico dittatore mentre Madonne di Beslan sta per approdare al Teatro Vascello, grazie al MArteLive.

E noi la aspetteremo proprio lì. Brava Chiara Tomarelli.

Ambra Postiglione

Ambra Postiglione, Chiara Tomarelli, Intervista, Madonne di Beslan, martelive, martemagazine, teatro

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