Alice in Chains_ Black Gives Way to Blue
CD MUSICA- Lo ammetto: prima di sentire questo disco ero strapiena di pregiudizi. Innanzitutto perché gli Alice in Chains sono uno di quei gruppi che hanno fatto la storia del rock, e per i grandi uscire con un nuovo disco è una prova più grande che per “gli altri”. Tornare dopo quattordici anni poi, è dura per chiunque.
Poi, perché continuare senza Layne Staley è un segno di coraggio misto a incoscienza (per alcuni quasi una mancanza di rispetto) che crea la perplessità e i pregiudizi di cui parlavo prima.
Il carisma del frontman e anima della band (insieme a Mr Cantrell, ovviamente), scomparso nell’aprile del 2002 certo manca: ne risentono le inconfondibili armonie canore che sono ormai il sigillo di garanzia degli Alice in Chains. E poi perché, last but not least, essendo stati la colonna sonora della mia come di tante adolescenze, riascoltare certe cose “da grandi” può fare sempre un certo effetto.
Ebbene, nonostante tutte queste considerazioni sulla presunta realtà dell’operazione nostalgia, l’unica cosa che si può dire è che Black Gives Way to Blue è un gran disco. Ma lo è fin dal primo ascolto. Cosa rara. E lo sarebbe anche se sulla copertina ci fosse scritto Pinco Pallino. E invece, scusate se è poco, c’è scritto proprio Alice in Chains.
Le undici tracce che lo compongono suonano esattamente come devono suonare: le atmosfere, le chitarre, i controcanti di Jerry Cantrell: insomma quell’impasto acido di suoni che si ama o si odia.
La scelta di continuare a suonare uguali a se stessi è, come tutte le scelte forti, condannabile. Segno di mancanza di originalità? Mancanza di evoluzione? Mancanza di qualcosa di nuovo da dire? O semplicemente, fedeltà ad un sound specifico, unico, che è quello e non può esser un altro?
Il nuovo cantante William DuVall (“frontman” era Staley, e solo lui, si perdoni lo scatto d’orgoglio adolescenziale n.d.r.) non può fare altro che cercare di amalgamarsi in questo impasto i cui ingredienti sono stati già scelti da vent’anni. Pur avendo partecipato alla scrittura dei brani “Last of My Kind” e “A Looking in View”, DuVall si inserisce in un sentiero già tracciato. Ci mette del suo, certo, soprattutto per la scrittura della linea vocale, ma poi la chitarra di Cantrell lo riporta sulla retta via.
Ciò che i puristi devono stare bene attenti a recepire è che tutto questo non compromette assolutamente l’elevatissimo livello di un lavoro che è sicuramente una sfida, e che può vantarsi di una collaborazione di eccellenza, e cioè Elton John al pianoforte della ballata nonché title track, “Black Gives Way to Blue”, che chiude il disco.
Dall’acustico di “Your Decision” ai cori tipici di “Private Hell” passando per il riff a dir poco perfetto di Cantrell della claustrofobica “Check My Brain”, l’ascolto di questo disco regala un’ora di musica con la M maiuscola.
Ora aspettiamo di vederli dal vivo: a dicembre saranno a Milano, per l’unica data italiana del loro tour promozionale. Probabilmente sarà il contatto diretto col pubblico dei fan vecchi e nuovi a dire l’ultima parola. E senza fare torto a nessuno, sarà (forse) solo in quel momento che DuVall avrà la possibilità di dimostrare di essere un frontman e non solo un cantante.
TRACKLIST:
All secrets known
Check my brain
Last of my kind
Your decision
A looking in view
When the sun rose again
Acid bubble
Lesson learned
Take her out
Private hell
Black gives way to blue
Chiara Macchiarulo
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