The Imaginarium of Doctor Parnassus, regia di Terry Gilliam
CINEMA– “Please Take generously: scusate, vi faccio una domanda, voi sognate? O diciamo così…potete dare un prezzo ai vostri sogni?”: incontriamo un uomo che porta un’ambigua maschera bianca, che ci riconduce alla Scaramuccia della Commedia dell’Arte o al Medico della Peste Veneziana, affabile e subdolo, nei suoi gesti più che affascinanti.
Ci facciamo condurre all’interno di uno specchio abbastanza fatiscente e sprofondiamo nei nostri desideri più intimi e nascosti.
Metaforico, esoterico, kitsch e ambizioso: The Imaginarium of Doctor Parnassus (L’uomo che voleva ingannare il Diavolo) è l’ultima fatica di quel folle visionario chiamato Terry Gilliam, famoso per pellicole come L’esercito delle dodici scimmie, Paura e Delirio a Las Vegas e Brazil, nonché ex componente del famoso gruppo Comico Inglese i Monty Python.
Presentato fuori concorso al Festival di Cannes 2009, la pellicola di Gilliam è stata di recente proiettata nella sezione degli “Eventi Speciali”, all’interno del Festival Internazionale del Film di Roma, avendo anche reso omaggio all’attore scomparso Heath Ledger, presentando alcuni suoi lavori come regista in collaborazione al collettivo The Masses.
Ci troviamo in Inghilterra e l’antico Monaco, il Dottor Parnassus (Christopher Plummer), girovaga insieme alla sua stramba compagnia Teatrale per fare addentrare i suoi spettatori all’interno di uno specchio misterioso quanto magico.
Giocatore senza tempo e acerrimo rivale del Diavolo Mister Nick (Tom Waits), Parnassus dovrà tentare a tutti i costi di salvare la vita di sua figlia Valentina (Lily Cole) , preda di un’antica scommessa persa.
Tuttavia, l’improvvisa comparsa di un uomo misterioso, l’appeso Tony Shepard (Heath Ledger), donerà al Monaco la speranza che, ormai, aveva del tutto perduto nel corso del tempo.
C’è ben poco da dire: l’ultima pellicola di Gilliam è un coraggioso inno alla morte prematura del compianto Ledger, qui nella sua ultima ed eccelsa interpretazione. Ci addentriamo nel mondo fantasioso di un regista che ha avuto da sempre idee del tutto innovative, quanto affascinanti, difficili comunque da mettere in pratica.
Gilliam scava nella nostra psiche e ci mostra un mondo circense, diviso tra nani, messaggeri divini e sfondi terribilmente oscuri, quasi come un sogno eternamente inquietante. Attraverso i suoi occhi, ci racconta la vita magica di un uomo che crede fermamente nelle più belle favole mai narrate, che avrebbero quasi il potere di sostenere il mondo, senza farlo mai crollare, tragicamente, nel nulla. Perché c’è sempre una storia da raccontare ovunque ci troviamo e se mai dovessimo fermarci, avremmo la certezza che qualcun’altro, al nostro posto, riuscirebbe a rendere ancora vivo il mondo.
Riusciamo così a scavare infondo ai sentimenti di un regista che, lungo la sua carriera, è stato da sempre visto come un genio incompreso, impossibilitato nello sfondare tramite le sue idee brillanti e potenti.
Parnassus, come giustamente dice l’aiutante Anton (Andrew Garfield), non vuole governare il mondo, perché per lui non è importante, almeno non quanto andare in giro a donare le sue storie al pubblico.
Ma il simbolismo e il contenuto provocatorio di Gilliam, inceppa malamente in una sceneggiatura piena di falle, con personaggi trascurati e per nulla approfonditi, lasciandoci addosso un’amarezza che sa tanto di incompletezza. Nemmeno l’aiuto di un trittico d’eccezione (Jhonny Depp, Jude Law, Colin Farrell), ovvero i volti alternativi dell’animo oscuro di Tony oltre lo specchio, riescono a risollevare una pellicola che sarebbe potuta scorrere piacevolmente, se non fosse stata trascurata nei suoi punti più critici.
Immagini potenti come Ledger impiccato o come il duo Farrell e Plummer, alle prese con la loro sfida fatta di Bluff continui, sono solo i leggeri contorni di un fulcro fin troppo debole.
Gli effetti speciali non si dimostrano così fastidiosi, bensì luminosi e caratterizzanti, fatta eccezione per un Diavolo sotto forma di Lago-Cobra, decisamente troppo calcato per poter risultare efficace.
Ci culliamo negli strepitosi costumi, nelle scenografie esotiche ed antiche, tra un Depp troppo breve, un Law solitamente plastificato e un Farrell eccelso nel suo sguardo da puro colpevole, senza riuscire a cogliere con soddisfazione l’ultima interpretazione di un talento superbo, fuori le righe, come quello di Ledger.
Dichiara così il cartello che dà il via ai titoli di coda della pellicola: “questo film è da parte di Heath Ledger e dei suoi amici” e a noi, infondo, piace pensare che il film sia bello proprio perché si presenta come l’essenza simbolica di Ledger, che si proclamava come l’assoluta creatività del suo cantastorie, ovvero Gilliam. Alla fine di quest’opera, tra sogno, realtà, un carro splendente e due “Voilà” che viaggiano all’unisono, scopriremo che il mondo di Gilliam non va compreso, ma assecondato nella sua particolare diversità che, forse, purtroppo, non sarà mai accettata da un pubblico così vasto, come quello odierno.
Possiamo solo restare ad ammirare la sua magia, nelle ovvie imperfezioni che la possiedono, rammentando con un certo sollievo che “nulla è per sempre, neanche la morte”.
Alessia Grasso
Alessia Grasso, cinema, martelive, martemagazine, Recensioni, Terry Gilliam, The Imaginarium of Doctor Parnassus