L’URSS secondo Moni Ovadia
[TEATRO]
MILANO- Proprio mentre il mondo festeggia i 20 anni dalla caduta della Cortina di Ferro che separava le due Germanie, l’Europa e ideologicamente il pianeta intero, Moni Ovadia, in Rabinovich e Popov, ci regala una sua lettura molto accurata sulla nascita e morte dell’URSS, una dei protagonisti della storia che trovate alla Rubrica Trip: Note di viaggio di questo numero.
Il 9 novembre 1989 cadde il muro di Berlino, città simbolo della divisione. Di lì a due anni l’URSS, frutto della Rivoluzione di Ottobre del 1917, venne ufficialmente sciolta: è il 26 dicembre 1991. La lunga cortina che tenne separati i popoli dell’Est da quelli dell’Ovest (mondo Comunista e mondo Capitalista) fu un cappio intorno al collo della libertà di molti, difficile da dimenticare, e a tenere stretta la corda furono le autorità del blocco sovietico.
Moni Ovadia ci ricorda però che dietro la bandiera rossa gualcita dell’URSS si agitano non solo gli spettri del totalitarismo e delle follie staliniane, ma anche le anime di uomini e donne di buona volontà che credettero nella possibilità di un futuro migliore e diverso per le classi meno abbienti, e che in nome di questo sogno morirono. Anime e sacrifici che non meritano di essere liquidati troppo velocemente da un superficiale revisionismo storico.
Accompagnato da Carlo Boccadoro, compositore e creatore del progetto cultural/musicale Sentieri Selvaggi, Ovadia ci racconta com’era la vita di Rabinovich e Popov al tempo di Stalin, con i suoi deliri di onnipotenza, malefatte e intuizioni geniali, tra gulag e leggi finalmente a favore del popolo ebraico.
Rabinovich è il compagno ebreo, Popov il russo ortodosso. Legati da un rapporto atavico di odio e amore (se chiedete a un russo ortodosso cosa pensa degli ebrei russi, vi risponderà che sono i migliori, anche se ha sempre voglia di spaccar loro la faccia) vivono al meglio l’ubriacatura bolscevica, si impegnano, lottano e cercano di godersi, finalmente, i diritti acquisiti. Ovadia ricorda infatti che in un periodo di violento antisemitismo, l’URSS, almeno nelle sue leggi, garantì agli ebrei un trattamento paritario e molti personaggi di spicco della Nomenklatura erano di origine ebraica, Trotsky compreso.
Tra una melodia tipica russa, canti da osteria e witz, storielle tradizionali yiddish, Ovadia ci racconta la storia del popolo che sacrificò la vita in guerra contro la minaccia nazista, e di quelle braccia che sostennero il gigante sovietico in balia di gerarchi e burocrati. Le stesse braccia che calarono i picconi sul muro di Berlino e diedero l’addio all’URSS il 26 dicembre 1991.
Prossime date:
Teatro Civico di Vercelli – Lunedì 11 gennaio 2010, ore 21.00
Centro Concordia, a Venaria Reale – 14 Gennaio 2010, ore 21.00
Per maggiori informazioni su Moni Ovadia visitate il sito www.moniovadia.it.
Amanda Ronzoni
martelive, martemagazine, Milano, Moni Ovadia, Rabinovich e Popov, teatro, Teatro Libero