Che fine ha fatto Rosa Parks?
[TEATRO]
ROMA- Si spengono le luci all’improvviso e nella profondità della penombra si scorge un volto, e l’ eco lontano di un canto proveniente da una voce esile, ma incisiva, con un’ impronta afroamericana inconfondibile, che diviene sempre più forte e più vicina.
Ma ecco che questo canto popolare, questo sottofondo musicale s’interrompe all’improvviso, spezzato dalla stessa voce che però ora parla.
Una donna, una sarta, una “combattente” che però non ha più la forza del tempo andato, seduta dietro una macchina da cucire e per di più su una sedia a rotelle, alle prese con la sartoria, il suo mestiere da sempre. E tra un monito alla macchina e uno a sè stessa per non riuscire a fare neanche più un semplice orlo, si presenta e comincia così la sua storia: “ Il mio nome è Rosa Parks …”.
E comincia ad andare a ritroso nel tempo per raccontarsi, spolverando vecchi ricordi, in realtà non troppo vecchi perchè indelebili nella sua mente come ferite sulla pelle, freschi come fossero uova di giornata, che le hanno cambiato la storia.
La storia dei negroes come venivano chiamati negli stati del Sud degli USA, come l’Alabama, le persone “di colore”.
E nel mentre lei parla raccontando episodi, vicende familiari e ricordi di bambina ecco che dall’alto, tra gli spettatori silenziosi e attenti, una seconda voce di donna con irruenza interrompe la prima chiedendole chi è. E dopo aver ricevuto una risposta scoppia in una risata, sghignazzare e derisoria.
Ed ecco che inizia l’azione! Due donne a confronto, interpretate da Marta Guardincerri e Esther Cupinera Ramos attrice co-protagonista, alle prese col palcoscenico e il loro pubblico, alla ricerca della fatidica risposta alla domanda: Che fine ha fatto Rosa Parks?, peraltro titolo dello spettacolo di cui Alessandra Cataleta è autrice e regista, tenutosi lo scorso 20 settembre al Teatro allo Scalo di S. Lorenzo a Roma.
E questo incontro-scontro tra queste due donne è la chiave di lettura di questa pièce. Uno spettacolo da non perdere per il sentimento e il rispetto profondo che si esplicita sulla scena nei confronti di questa donna, considerata “la madre dei diritti civili”, ma che prima di tutto e fondamentalmente è una Donna. Così fortemente sentita questa storia dalle due protagoniste che l’interpretazione è riuscita a commuovere i presenti, specie in quei gesti di umanità che ad un certo punto non sono apparsi più solo finzione.
Maria Logroio
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