Musica a Massimo Volume
[MUSICA]
E dunque finalmente è arrivato il concerto dei Massimo Volume. La band di Emidio “Mimì” Clementi è attualmente ripartita in tromba dopo sei anni di chiusura delle attività, con il suo mentore scrittore che aveva deciso di non calcare più palchi. I Massimo Volume si sono riuniti pochi mesi fa, nell’estate del corrente anno, invitati da Manuel Agnelli a partecipare al Traffic Festival di Torino. Allora l’evento era sembrato unico e irripetibile, ma poi evidentemente gli attori principali c’hanno preso gusto ed ecco allestito ed assemblato un tour, di poche date, ma pur sempre un nuovo vero ritorno alla ribalta.
E per fortuna, si osa. Perché, a prescindere dalla performance che uno si sarebbe aspettato, a prescindere da tutto, da ogni discorso meramente critico e saccentemente sapiente, a chi scrive i Massimo Volume sono sempre piaciuti e piacciono ancora. Ogni tanto bisogna ammettere anche i segreti. Sono stati una delle poche band che in periodo scolastico sono riuscite a distogliere l’attenzione dall’abituale dose di reggae ska e posse. Una band motivo.
Cronaca: il live del 3 dicembre al Circolo degli Artisti a Roma è stato una due ore suonate piene, senza pause, intense e senza intercalare. Poche parole superflue, anzi due al massimo. Sul piatto le canzoni “Alessandro”, “In nome di Dio”, “Stanze Vuote”, “Il Primo Dio”, “Meglio di uno specchio”, “Inverno ’85”, “Fuoco Fatuo”, estratti degli ormai tutti vecchi album della band. Un giro nel passato che ha ripercorso le atmosfere anni ’90 con umori e sentori passati ma ancora recenti. Di lustri che sembrano vicini ma che in realtà fanno già parte di un mondo differente. Un mondo chiuso che forse ha spinto Clementi a non suonare più.
La sala era piena, molti sono rimasti fuori, non c’era più posto per nessuno. E l’aria che dentro si respirava in mezzo agli adepti, era quella di una messa.
A volte il chiasso al bancone del bar è stato redarguito. Strano per un appuntamento dove si ascolta rock anche se letterato, prosaico, ma pur sempre rock. Gli astanti desideravano ascoltare per bene le parole, in silenzio e sorseggiando birra. Non c’èra spazio per gli invasati da mercoledì sera antistress. Strano. Perché i Massimo Volume sono un gruppo d’essenza punk. D’essenza in movimento.
Questo forse è il loro nodo cruciale. Sono una band punk rallentata all’eccesso, implosa e coi vettori che sparano al suo interno. Con le linee che escono dal basso di Clementi e trapassano l’orecchio più vicino e subito alla matrice ritornano. Non ci sono testi di protesta, violenti, ma la sofferenza esistenziale è palpabile. La notte in giro per portici e case, stralunante e incerta. Non c’è lamento new wave o strambo esorcismo dark.
L’andamento di un personaggio notturno da solo che pensa al sicuro da solo dopo ore di gente sparsa e posti poco tranquilli. L’atteggiamento di Clementi sul palco sottolinea questo, frontalmente, senza intimismo o distrazioni. Coinvolto ma non esagitato. Diretto, compatto e totalmente preso nel poco movimento delle poche note del suo basso.
Camicia rimboccata, calzoni stirati, abbigliamento impeccabile e avambracci completamente tatuati. Come per dire, questo sono io, questa è la mia band, questo è quello che ho passato e ora ve lo ripropongo con piacere. Voi non siete tanto giovani come non lo sono io e forse se faccio un disco nuovo non ve ne importerà niente. Intanto ripassiamo i tempi andati, io faccio un altro libro e poi speriamo che ce la caviamo. E se l’è cavata.
Il finale è stato un bagno di folla senza bagno. Un finale asciutto, una ovazione soffocata. Clementi si è fatto raccontare il coro sulle parole di “Stanze” con l’ansia di un’affermazione tipo “e non c’è niente fuori” e con “Ronald, Tomas e io” ha raggiunto la massima empatia con il suo pubblico urlando alla sua maniera cauta “Alcool——————– questo era il suo problema”. Evidenziando un’affinità clinica e vescicolare con la sua gente del momento.
Eliminate le abbondanti e psicotiche riflessioni personali, la cronaca dice che i Massimo Volume hanno fatto veramente un bel concerto. Sono una band resuscitata dal suo stesso creatore, riempiono i club, e anche se non completamente contemporanei, sono sempre un ottimo film che fa sangue buono rivedere. Per ora esistono di nuovo, ed è sicuramente meglio che siano tornati a narrare storie passate a voce piena, piuttosto che agevolare l’ incessante prepotenza del nulla. Tutto qui.
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