Jean-Michel Basquiat: tra ragione e follia
[ARTI VISIVE]
Ci sono persone che non hanno bisogno di presentazioni e di troppe parole per essere descritti, ma si può solo cercare di conoscerle attraverso la loro essenza, che si sprigiona da ciò che sono in grado di creare, di portare alla luce del sole attraverso l’uso dei colori su tutto ciò che può essere trasformato dalla fantasia.
Jean-Michel Basquiat è proprio una di queste, un artista senza tempo, un capolavoro della follia artistica che ricerca nell’essenzialità della superficie il suo spazio per poter rappresentare un mondo metropolitano avvolto da formule, parole anche senza senso e colori contrastanti.
La stessa follia artistica gli ha aperto le porte a quel mondo psichedelico e irrazionale che a soli 27 anni lo ha portato via dall’arte e dalla vita stessa mentre il suo nome finiva sulle pagine dei manuali di storia dell’arte.
Dopo aver steso colori e graffiti sui muri di New York firmandosi SAMO (SAMe Old Shit) le sue opere riescono a convincere il re della Pop-Art Andy Warhol tanto da farlo entrare nella sua Factory dove Jean Michel inizia una collaborazione artistica con Francesco Clemente.
Grazie a queste conoscenze il talento di Basquiat viene riconosciuto in tutto il mondo, la sua fama di pittore moderno, stravagante ed estremamente metropolitano cresce nel tempo, ma quando Warhol viene a mancare Basquiat entra in un tunnel senza più via di ritorno e i critici iniziano a non gradire più come un tempo le sue opere.
La mostra dedicata a Basquiat promossa dalla Fondazione Memmo e che si svolge a Palazzo Ruspoli fino al 1 Febbraio 2009 consente un primo approccio alla sua arte per chi non ha avuto modo di conoscerlo prima e una riflessione per chi accetta con entusiasmo i suoi collage su cui si concentrano le sue forme a tratti infantili, semplicemente contornate da colori fortemente contrastanti su parti di corpi umani per rappresentare una realtà semplice, fatta anche di parole come tentativo di intrattenere nelle lettere quella linea sottile tra ragione e follia.
Proprio a tal proposito il titolo della mostra “Fantasmi da scacciare” sembra evocare il tentativo da parte dell’artista di cercare un giusto equilibrio tra quella realtà che lo ha reso celebre e la sua vocazione artistica che lo spinse fuori dalle consuetudini e contingenze umane.
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