L’energia retrospettiva di Paolo Nutini
ROMA- 16 luglio 2012: una calda sera d’estate all’Auditorium Parco della Musica. Una cavea piena di gente in attesa. E Lisa Hannigan a riempire il palco, in attesa di Paolo Nutini, la vera star della serata.
La Hannigan, artista irlandese, cresciuta nella Contea di Meath, ha iniziato la sua carriera grazie ad un incontro fortuito con Damien Rice, con lui la collaborazione è perdurata fino al 2007, per sette anni al suo fianco nei concerti live e nelle registrazioni dei due fortunati album O e 9. Ha collaborato anche con Mic Christopher, Herbie Hancock e i Frames di Glen Hansard. Come solista ha all’attivo due album: Sea Sew del 2008 e Passenger del 2011, la cui produzione è stata affidata al musicista statunitense Joe Henry. Un’artista brillante, dalla voce soave che mescola melodie nordiche con una tecnica sapiente ed equilibrata nell’uso degli strumenti a corda.
Finisce l’ultima nota e subito una voce annuncia che Nutini arriverà sul palco nell’arco di 20 minuti (alle 22 in punto), giusto il tempo di fare un cambio veloce degli strumenti.
Il palco si svuota sotto gli occhi attenti degli spettatori e si riempie delle aspettative per il lieto ritorno a Roma di Paolo Nutini dopo due anni (nel 2010 aveva partecipato prima al concerto di Piazza San Giovanni il Primo Maggio, ed era stato ospite poi della manifestazione Luglio Suona Bene il 18 luglio dello stesso anno).
Una carriera sfolgorante, il caso che a braccetto con il talento indiscusso del giovane italo scozzese di Paisley (padre di origini toscane e madre inglese) fanno da pedana di lancio. Leggerezza, carattere aperto e solare, ironia sono le doti indiscusse del suo talento. Comunicativo senza bisogno di usare parole, sale sul palco romano salutando in un perfetto italiano, ma da lì in poi ogni modalità comunicativa è affidata quasi esclusivamente alla sua musica, quella che nell’arco di soli 6 anni lo ha portato ad avere all’attivo due album: il primo These Street, disco rivelazione del 2006 con più di due milioni di copie vendute nel mondo; il secondo Sunny Side Up accolto entusiasticamente dalla critica ed entrato nei primi posti della classifica inglese, premiato al Wind Music Award nel 2009, anno della sua uscita; ed un terzo di prossima uscita; e a suonare in posti prestigiosi come il Carnegie Hall di New York nel corso di uno speciale concerto presieduto da Liza Minnelli, e allo Stadio Wembley di Londra nel corso del Live Earth del 2007. Ha aperto i concerti di The Rolling Stones e di Amy Winehouse ed ora, non più stella nascente, ma appena venticinquenne già artista navigato, incanta con la sua voce graffiante che ricorda nelle sonorità a volta un po’ fumose un Leonard Cohen d’annata e un Bob Dylan introspettivo.
Chiare le influenze blues e blugrass, il talento un po’ italo e un po’ scozzese, con la voce un po’ rock U.K., un po’ soul, un po’ country U.S.A, è quello di un Nutini dinoccolato eppure estremamente dolce: inizia con “10/10” il suo concerto e subito il suo look da bravo ragazzo e quella ricchezza musicale che sembra appannaggio di epoche lontane prendono il sopravvento portandoci a ritroso nel tempo. Sembra di galleggiare sulle acque tranquille del Mississipi, di sentire il vento tra i capelli nei campi di cotone del Missouri, indietro nel tempo a ricercare quelle sonorità più propriamente rock di “Alloway”, “Jenny don’t be hasty”, “These Streets” per poi tornare avanti con “Growing Up Beside You” e “Coming Up Easy”.
La scaletta del concerto è un equilibrio perfetto tra il passato e il presente artistico dell’autore in un gioco vintage anni ’70 molto attuale, in cui tutto torna e niente si perde.
Ancora una volta c’è spazio per la musica e per le stelle, e poco importano le ragazzine urlanti che inneggiano alla bellezza del giovane Nutini, la perla di “Candy” si snoda nell’aria e tutto diviene una dolce poesia di altri tempi, malinconica eppure tenera, che vibra a fior di pelle nella calda notte romana.
Edyth Cristofaro
Foto di Daniele Rotondo
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