Stereokimono_ Intergalactic Art Cafè
Ci sono circostanze in cui ci si sente imperdonabilmente fortunati a scrivere di musica. Non tanto o non solo per i dischi (sì, non rompete: ha ancora senso chiamarli così) o le canzoni, o insomma per il loro contenuto (che alle volte decisamente sovraccarica quantitativamente le orecchie e rischia pericolosamente di farci concordare col buon Cristiano Godano che intervistato dalla nostra Chiara Macchiarulo notava la forbice che la diffusione digitale crea fra l’offerta musicale e la sua domanda): no, non è lì il (solo) motivo di questo senso di fortuna.
E’ nei motivi di quella musica (sì, anche un motivo ha un motivo).
E’ nelle sue facce.
E’ nelle sue STORIE.
Prendete i felsinei Stereokimono, segnalatici da Synpress col solito puntuale fiuto per i tartufi preziosi.
Ci siamo ritrovati sulla scrivania Intergalactic Art Cafè (tramite Immaginifica: dietro c’è lo zampino di quella vecchia volpe di Franz Di Cioccio), terzo lavoro in studio di una storia già quasi ventennale, avara di episodi discografici (e di soddisfazioni commisurate al merito) ma ricchissima di ricerca, contaminazione e musica per la musica.
L’abbiamo messo su.
Lento e avvolgente come un Blob è partito il viaggio intergalattico già annunciato dal titolo.
Tra Zappa e Weather Report, Gong e Tangerine Dream, Robert Wyatt, Area, King Crimson e Tuxedomoon, ci abbiamo trovato uno dei lavori prog più meravigliosamente enciclopedici, ambiziosi, accoglienti all’ascolto (punto esclamativo su questo aspetto, specie considerando l’area di riferimento!), rigorosi e al tempo stesso liberi che ci sia capitato di ascoltare da parecchi anni in qua: un vero e proprio caleidoscopio di declinazioni ritmiche, umorali e armoniche al servizio di una fantasia entusiasta, totale e totalmente bambina messa al servizio di un art rock piuttosto vicino a sembrare definitivo.
Abbiamo rimesso su il disco, godendone di nuovo.
Abbiamo cercato gli Stereokimono e la loro storia.
Abbiamo trovato un sito Internet dallo stile deliziosamente early web (ok, ok: very early).
Abbiamo trovato interviste che raccontavano una passione nel modo tenero e intento che trovi in quegli adolescenti che non si sono mai fatti convincere che è tutto una merda, a braccetto con l’adorabile spacconeria scherzosa che ti fa battezzare quel che suoni con nomi improponibili (“rock psicofonico obliquo”: QUESTA è Bellezza!) per la voglia bruciante di renderlo, se possibile, ancor più diverso da tutto il resto.
Abbiamo trovato i nomi di Alex Vittorio (basso e tastiere), Cristina Atzori (batteria), Antonio Severi (chitarre e tastiere): abbiamo guardato le foto che li ritraggono.
E quel che abbiamo visto sono pure e semplici facce di tre fanciulli innamorati di quel che fanno, di un amore che proprio per questo arriva intatto a noi che ve lo ritrasmettiamo.
Le facce che raccontano le storie di fianco alla musica che mettete (ve lo auguriamo) su.
Le facce che portano ai limiti dell’imperdonabile il culo di scrivere di musica.
TRACKLIST:
01. Fuga Da Algon
02. Space Surfer
03. Indian Breakfast
04. Rebus – Il Gioco
05. Rebus – La Metafora
06. Rebus – La Soluzione
07. Lumacacactus
08. The Gnome On the Moon
09. Zona D’Ombra
10. Oltre Algon
Hanno suonato:
Alex Vittorio – basso e tastiere
Cristina Atzori – batteria
Antonio Severi – chitarre e tastiere
Raffaello Regoli – voce
Nicoletta Zuccheri – voce
Francesco Chini
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