N. West, Il giorno della locusta
“Alla scoperta del classico perduto” potremmo intitolare questa recensione, in quanto il salto indietro nel tempo è notevole, ci vorrebbe quasi la Delorean di Ritorno al Futuro, abituata a viaggiare nell’America della prima metà del secolo scorso.
È il 1939 quando Nathanael West scrive Il giorno della locusta, capolavoro della letteratura americana e non solo, finito poi nel dimenticatoio negli ultimi tre decenni, soprattutto aldiquà dell’oceano Pacifico. Ultimo dei suoi soli quattro romanzi a causa della precoce scomparsa di West nel 1941 in un incidente automobilistico, Il giorno della locusta ci offre un meraviglioso spaccato della Hollywood degli anni ’30, ed è allo stesso tempo una forte critica alla società “mediatica” che proprio in quegli anni iniziava a prendere corpo grazie all’industria cinematografica.
Il 1939 è un anno molto importante per la letteratura americana, infatti vede la nascita anche de Il grande sonno di Raymond Chandler e di Chiedi alla polvere di John Fante. Tutti e due, come il romanzo di West, sono ambientati a Los Angeles, meglio ancora se nel mondo di Hollywood come Il grande sonno. Che nello stesso anno vedano la luce queste tre opere non è un caso: sono infatti gli anni della prima grande espansione dell’industria del cinema, che inizia a “rapire” i grandi scrittori per far loro sceneggiare le proprie storie. Un’esperienza lavorativa che accomuna i tre autori citati, e che in ognuno di essi lascia un segno profondo al punto da scriverne nei loro romanzi, perché loro uomini dell’est, o del midwest come Fante, restano colpiti, scossi, ma sicuramente anche meravigliati dal mondo di Hollywood, al punto da non potersene più liberare del tutto e facendolo vivere anche nei propri lavori.
Ne Il giorno della locusta, West ci racconta la storia di un vecchio attore alla ricerca disperata delle sue ultime parti, riciclatosi in venditore porta a porta, Henry Greener; di sua figlia Faye, bella, giovane e con il sogno del cinema ma poco dotata di talento, che per cercare di far soldi dovrà battere vie tortuose e due uomini che le fanno una corte spietata al punto quasi da annullarsi per lei, pur sapendo di non avere speranze. Tod, scenografo di Hollywood ma aspirante pittore (che richiama gli aspiranti scrittori finiti a fare le sceneggiature) e Homer, signore di mezza età del Midwest con una mentalità semplice e ingenua che verrà usato da Faye per via della sua ricchezza e generosità. La storia si intreccia nel quartiere residenziale di San Bernardino, residence umano per tutti gli aspiranti lavoratori di Hollywood, e racconta con grande efficacia le vicende intime di queste persone perse nel sogno (chi in quello del cinema, chi in quello dell’amore impossibile) e governate dalla lunga mano dell’industria del cinema.
Il romanzo è un capolavoro della letteratura quindi non merita certo i consigli di un semplice redattore per essere letto, ma se si è appassionati anche di America, oltre che di letteratura, sarà molto divertente leggere come negli anni ’30 Los Angeles non fosse quella metropoli ultramoderna e avanzata di oggi, ma solo una grande città con tanto verde e parchi che aveva principalmente la funzione di ospitare gli studios di Hollywood e le grandi ville delle celebrità.
Piccola curiosità: il cognome di Homer è Simpson, e si suppone che sia stato, quindi, proprio uno dei protagonisti di questo libro a dare il nome al principale personaggio di uno di cartoni animati più seguiti della storia.
Nathanael West, Il giorno della locusta, etal edizioni, pag. 212, € 15
Alan Di Forte
Alan Di Forte, Etal Edizioni, Il giorno della locusta, letteratura, martelive, martemagazine, Nathanael West, Recensioni