Francofilm Festival
[CINEMA]
ROMA- Dal 16 al 23 marzo è stata presentata la terza edizione del Francofilm Festival, il Festival del Cinema francofono a Roma, prodotto ed organizzato dall’Institut français – Centre Saint-Louis. Tutti i film in gara, inediti in Italia, promuovono la scoperta delle diversità culturali invitando a farne tesoro.
Inoltre, con il sostegno delle Ambasciate dei Paesi francofoni in Italia è stato possibile, per gli organizzatori della mostra, presentare film provenienti da tutto il mondo, che da quest’ anno prevede anche una sezione dedicata ai documentari.
L’aspetto interessante del Festival è stata soprattutto la partecipazione di molti registi e attori che, in questo modo, hanno avuto la possibilità di parlare dei film e di incontrare il pubblico presente in sala.
Il Festival è stato inaugurato dalla presenza dell’artista del Mali Balkissa Maïga , e appena dopo si sono aperte le danze con il concerto del cantautore algerino Akli D., la cui musica è composta da un mix di generi tra cui l’Afro beat, il blues e il folk.
La serata si è conclusa poi con la proiezione del film E ora dove andiamo? (Et maintenant, on va où ?), una “commovente commedia” di Nadine Labaki che affronta il problema dei conflitti religiosi attraverso la storia di un gruppo di donne intente a distrarre, in tutti modi possibili, i loro uomini dal farsi la guerra.
A partire dalla giornata di sabato, invece, il pubblico ha potuto assistere a tre proiezioni giornaliere, composte da film e documentari sia in competizione che fuori.
Tra i film non in competizione troviamo i film; Et maintenant, on va où ? di Nadine Labaki (Libano, 2011), Un homme qui crie di Mahamat Saleh Haroun (Francia-Belgio-Ciad, 2010), Le goût des jeunes filles di John L’Écuyer (Canada-Québec-Haïti, 2004), e i documentari; Dieu a-t-il quitté l’Afrique ? Di Musa Dieng Kala (Canada-Québec-Senegal, 20008), Territoire perdu di Pierre-Yves Vandeweerd (Belgio, 2011), Les arrivants di Claudine Bories, Patrice Chagnard (Francia, 2010), Vol spécial di Fernand Melgar (Svizzera, 2011) e Rosans, miel amer di Rémi Nelson Borel (Francia, 2011).
Tra i film in competizione ci sono invece; La Mosquée di Daoud Aoulad-Syad (Marocco, 2010), Europolis di Cornel Gheorghita (Romania, 2011), La Régate di Bernard Bellefroid (Belgio, 2010), Apricot Island di Peter Bebjak (Slovacchia, 2011), Réfractaire di Nicolas Steil (Lussemburgo, 2010), Kalandorok di Béla Paczolay (Ungheria, 2009), La petite chambre di Stéphanie Chuat, Véronique Reymond (Svizzera, 2011) e Le Vendeur di Sébastien Pilote (Canada-Québec, 2011), giudicati da una giuria di grandi professionisti come Romano Milani (Segretario Generale del Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, organizzatore dei Nastri D’Argento e co-direttore delle riviste CineMagazine e CineMagazineOnline), Lydia Genchi (Presidente della Nomad Films) e Vanessa Strizzi (Programmista regista di Ulisse, Rai Tre e Direttore Artistico dell’Umbria Film Festival).
Le proiezioni dei film in gara si aprono con La Mosqué, presentato per la prima volta in Italia al Festival del Cinema Africano, D’Asia e America Latina di Milano nel 2011, a metà strada tra fiction e realtà, questa brillante commedia narra le vicende di un uomo che cerca disperatamente di far valere i propri diritti da quando, per girare il suo precedente film, il regista Daoud Aoulad-Syad fa costruire una Moschea sul territorio di Moha, un contadino. Alla fine delle riprese tutte le scenografie vengono distrutte tranne la finta Moschea che diventa un luogo di culto per molte persone, e una fonte di disperazione per Moha.
La Mosqué è una sorta di film “post-produzione”, che racconta ciò che succede dopo che una troupe cinematografica finisce di girare un film in un piccolo villagio del Marocco. Moha vorrebbe solo indietro la sua terra e sembra l’unico ad accorgersi che la Moschea è semplicemente un pezzo di scenografia, persino l’Imam è finto. La Mosqué è una commedia amara con sfumature malinconiche, il personaggio del finto Imam incarna tutta la negatività di chi, per interesse, si precipita a guidare la preghiera nella Moschea, cerca di attirare i turisti e fa accordi con i politici candidati alle elezioni, contrapponendosi con un “vero Imam”, Sellam, l’unico che è dalla parte di Moha, sottolineando come il set cinematografico non è nemmeno nella direzione della Mecca. Inoltre, il finale imprevisto si rivela una forte accusa sulla mancanza di libertà di parola.
In Europolis (proiettato lunedì 19) di Cornel Gheorghita, si narra la storia di Nae, che vive in un piccolo villaggio nella parte est della Romania. Riceve un telegramma che lo informa che Luca, lo zio da tempo scomparso, è morto. Nel telegramma, inviato dall’esecutore testamentario di Luca, si chiedeva a Nae e a sua madre di recarsi in Francia per prendere accordi. Una delle ultime volontà del defunto era di essere seppellito nel cimitero di Sulina, il suo paese natale in Romania, situato sulla costa del Mar Nero, all’altro estremo del continente. Quando madrte e figlio raggiungono la casa del defunto sulla costa atlantica, incontrano uno sciamano, Ata, il miglior amico di Luca. Ata racconta che tutta la fortuna di Luca è andata persa e l’unica cosa rimasta è una strana bara. La tradizione romena prevede che, durante i quaranta giorni di lutto, l’anima ripercorra i passi della vita e l’anima di Luca sceglie di rivivere in Nae per poter tornare nella sua ultima dimora. La processione di queste persone è guidata dal loro Angelo Custode attraverso i costumi celesti che portano al giudizio finale.
Molte persone in Romania, specialmente nei villaggi, praticano ancora alcune di queste tradizioni pre-cristiane, ne il comunismo e ne la chiesa sono riusciti ad impedire che si svolgessero questi riti. Europolis ha vinto il premio come miglior attrice (Adriana Rose), miglior fotografia, miglior musica e migliori paesaggi al Cipro Internationale Film Festival.
Il bello di questo film è che non rappresenta la morte come una fine, bensì come un nuovo inizio per un giovane senza speranza, che mentre attraversa l’Europa con sua madre subisce una trasformazione.
Il film di Gheorghita regala allo spettatore immagini cariche di bellezza e magia che scatenano la fantasia e parla in modo molto originale di argomenti come la superstizione, che raramente vengono toccati dalla cinematografia rumena.
Il terzo film in concorso, La Régate, parla di Alex, un ragazzo che sogna di diventare un campione di canottaggio. Dopo due mesi di assenza dal circolo desidera allenarsi di nuovo ma il suo allenatore non lo vuole più: troppo scostante e indisciplinato, preferisce puntare su Pablo, il nuovo arrivato. Alex si allena da solo sul fiume e a casa con il vogatore. Ripete i movimenti da canottiere nella sua stanza ma questa solitudine non è mai definitiva, il padre è una presenza oppressiva e violenta ed è questo il segreto che Alex non può rivelare.
Film dalle note autobiografiche, La Régate, parla della violenza in ambito familiare pur raccontandola con molto pudore e intimità, è emblematico il contrasto e la conflittualità tra padre e figlio, dove il primo (forse per non aver realizzato i suoi sogni da giovane) si oppone fortemente al successo dell’altro. Il film parla anche dell’amicizia e della passione per lo sport, due valori, puri e genuini, che aiutano Alex nella sua difficile condizione familiare.
Apricot Island, conclude la giornata di martedì 20 marzo e racconta la bellissima storia di una donna costretta a rimettere in discussione la sua vita. Il regista dimostra tutta la sua creatività nel modo di raccontare l’amore, la passione e la crudeltà, il tutto, circondato da un paesaggio suggestivo.
In Réfractaire (proiettato mercoledì 21) François, 21 anni, si ribella contro suo padre, un collaboratore del regime nazista, l’unica soluzione è diventare un «réfractaire» e rintanarsi in fondo ad una miniera per mesi, senza mai vedere la luce del sole. Per questo film Nicolas Steil si è domandato come potesse essere vivere durante la Seconda Guerra Mondiale e lo ha fatto utilizzando il punto di vista di un ventenne, riuscendo a far riemergere l’orrore di quell’epoca girando gran parte delle riprese in una miniera. Lo scopo di questo film è far riflettere soprattutto le nuove generazioni sulla vicenda di François, su cosa sia giusto o sbagliato e sull’importanza della memoria storica.
Di seguito è stato proiettato Kalandorok, un road-movie surreale, in cui il regista Béla Paczolay mette a confronto tre generazioni; un nonno buffo e donnaiolo, un padre trombettista e dallo stile di vita bohemien e un figlio parassita con il vizio del gioco. Kalandorok è una commedia esilarante interpretata talmente bene dagli attori da risultare assolutamente realista, grazie anche ad un regista capace di tirare fuori tutte le sfaccetature dei personaggi, dai pregiudizi, ai complessi d’inferiorità, alle nostalgie. Il film è caratterizzato da un’ ottima fotografia che esalta i paesaggi luminosie i più piccoli dettagli e da una colonna sonora azzeccatissima che accompagna le avventure dei tre protagonisti.
L’ultima giornata dedicata alle priezioni presenta il film La petite chambre (vincitore al Festival di Locarno 2010 nella categoria miglior film e miglior sceneggiatura), una storia di orgoglio e affetto pronta a far sorridere ma anche ad emozionare attraverso il racconto dell’amicizia tra Edmond (un anziano che sta perdendo la propria autonomia) e Rose (la sua infermiera a domicilio) e il confronto tra le loro storie personali. Il film parla della profonda relazione tra nascita e morte e infanzia e vecchiaia senza risultare mai banale o troppo pesante per lo spettatore.
La proiezione delle 21:00 vede, invece, come protagonista il film di Sébastien Pilote, La Vendeur, un dramma molto commovente interpretato da un magistrale Gilberte Sicotte. Marcel è un venditore di automobili che sta per andare in pensione, dopo la morte della moglie comincia a pensare solo al lavoro e l’unica sua ragione di vita sono la figlia Maryse e il nipotino Antoine. Il colore bianco che caratterizza il paesaggio innevato rappresenta il carattere del protagonista e il gelo di cui è ricoperta la sua anima e che trasmette allo spettatore tutta la sua disperazione.
La giornata di venerdì 23 ha concluso il Festival con la premiazione (sempre presentata dalla radiosa Balkissa Maïga) dei film; La Régate ( Bernard Bellefroid), che ha vinto il premio della Giuria, La Mosquée (Daoud Aoulad-Syad), che ha vinto il Premio Speciale della Giuria e La petite chambre (Stéphanie Chuat, Véronique Reymond) vincitore del Premio del Pubblico. Subito dopo l’attrice e cantante franco-senegalese Awa Ly, ha regalato al pubblico un’ incredibile performance musicale, accompagnata dal musicista Aldo Bassi.
La serata si è poi conclusa con la proiezione del film vincitore di questa terza edizione del Francofilm Festival 2012.
Alessia Tondi
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