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Hicksville: il lato oscuro del fumetto

diegociorra

[STREAP-TEASE: FUMETTI MESSI A NUDO]

diegociorraChi è Dick Burger? Con una fama da superstar come la sua è naturale che abbia assunto molteplici volti. Per i nerd del fumetto è il miglior autore dell’Epoca di Bronzo dei comics, perfetto erede di Jack Kirby (a detta dello stesso Stan Lee!).

Per gli addetti ai lavori è l’affarista più cinico del mercato del fumetto: ha rilevato la Image Comics e tratta Todd McFarlane come una pezza da piedi, Marvel e Dc sono entrambi nel suo taschino. I fumetti di cui è stato creatore HicksvilleCover300dpi(o semplicemente autore) gli sono valsi il più grande impero commerciale dedicato alla nona arte, oltre a svariati premi Eisner e Harvey. Niente male per un fumettista neozelandese.
Eppure a Hicksville, sua cittadina natale, nessuno vuole sentirlo nominare. Forse, come molti artisti prima di lui, la fama lo ha reso talmente pieno di sé da guadagnarsi le antipatie di tutto il paese. O forse c’è qualcos’altro, qualcosa di più grave, di cui un’intera città evita di parlarne. Un muro del silenzio in cui impatta l’inconsapevole Leonard Batts, giornalista del Comics World, giunto nella terra natìa di Burger con il chiaro intento di scrivere una sua biografia. Batts si era già fatto un nome con un libro su Kirby, per cui gli era venuta naturale l’idea di scrivere del suo diretto successore. Omertà a parte, Hicksville si dimostra una cittadina decisamente atipica: tutti sono dei fini conoscitori del fumetto, la loro libreria è probabilmente una delle più vaste al mondo in fatto di comics. Pensate a Lucca, al suo rapporto con la narrativa sequenziale, e non ci sarete andati minimamente vicino. Per Hicksville il cosplaying è una semplice festa di paese, come potrebbe esserlo la Sagra del panzerotto in umido a Calopezzati Marina, il fumetto non è un’attrazione per turisti, ma una vera e propria spina dorsale urbana. Ogni suo abitante ha la sua storia, fatta di delusioni, sogni e anche un po’ di misteri. Ma non parlate mai loro di Dick Burger.

Con Hicksville, Dylan Horrocks ci mostra con uno stile di disegno semplice e con una prosa perfetta il lato oscuro dei comics. Siamo nel pieno degli anni ’90, il mercato è soverchiato da fumetti mutanti con le triple copertine ad anta, numeri uno in edizioni variant per supercollezionisti, gadget e numeri “imperdibili” (a detta degli avvisi pubblicitari). La Dc salva Superman uccidendolo, e un pugno di disegnatori ha già dichiarato guerra alle major, cercando di diventarlo a loro volta, con proposte apparentemente underground ma costituite dalle solite splash page a caso, dalle solite corporature ipertrofiche e dalle posture decisamente bislacche. I supereroi sono psicopatici hicksville1armati sempre più vicini ai vigilantes, perché ammazzare il nemico risulta molto più adulto che arrestarlo. Ecco a voi il lato oscuro del Ritorno del Cavaliere Oscuro. Horrocks, con la più classica delle griglie in 3×3, fa una (non troppo) sottile denuncia di tutto questo, cercando l’amore primordiale per i comics, quello per cui moltissimi autori del passato hanno sofferto, ostinati e malpagati (perché una mezza pagina di Krazy Kat al sabato non pagava certo il prezzo che pagheremmo oggi per una tavola originale di George Herriman). E naturalmente abbiamo il fumetto nel fumetto, l’intreccio avvincente, il mistero: chi sta perseguitando di nascosto Leonard Batts? E cos’ha fatto di così grave Dick Burger?
Pubblicato a partire dal 1998, Hicksville è appena giunto in Italia nella sua edizione definitiva grazie alla Black Velvet, in un volume unico. Avevate dodici anni quando Jim Lee vi deliziava sugli X-Men? Avete cominciato a leggere fumetti con la Saga del Clone? La vostra fantasia è stata svezzata da Azrael nelle vesti di Batman? E’ arrivato il momento di diventare adulti, di vedere con occhi nuovi il mondo di una volta. E’ arrivato il momento di andare a Hicksville.

Giampiero Amodeo

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