Benvenuti al nord, regia di L. Miniero
Emma Marrone intona Modugno mentre Bisio e Siani si strappano dalle mani il copione di Benvenuti ad est. La canzone nazional-popolare per eccellenza, Volare, cantata da una ragazza venuta fuori da un reality ed entrata tra big sanremesi con i Modà, chiude Benvenuti al nord, sequel del famosissimo campione di incassi Benvenuti al sud.
Ma Luca Miniero dichiara che la storia dei due dipendenti delle Poste Italiane si chiude qui. Il Paese è finalmente ricostruito. “Mi piace raccontare l’Italia di oggi”, spiega Maniero, regista di Benvenuti al nord e del suo antecedente dello scorso anno.
Maniero fa partire la programmazione del film al Nuovo Cinema Aquila, il cinema più bello di tutta la zona sud/est di Roma, perla del quartiere Pigneto. E qui ha un senso parlare di integrazione, perché se ancora in Italia ci si dibatte tra nord e sud, basta osservare le strade del Pigneto per comprendere che i problemi di integrazione sono diventati più complessi e radicati. Maniero spiega il suo prodotto come un’operazione popolare che ricorda la cinematografia anni ’60, il suo è un approccio a “una storia che parli un po’ più di noi, una commedia che si avvicina alle persone”.
In effetti, questo regista, laureato in lettere, con un passato nel campo pubblicitario ha realizzato il suo primo lungometraggio, Incantesimo napoletano, assieme a Paolo Genovese, anche lui attualmente nelle sale con un sequel di successo, Immaturi in viaggio, e da allora si è sempre divertito a giocare con i cliché di un’Italia che dopo oltre cinquant’anni ripropone le stesse forme di umorismo rese famose in Totò, Peppino e… la malafemmina.
Dopo aver riso per Benvenuti al sud, trovando la verve italiana superiore a quella francese, il film si ispirava in tutto e per tutto al Bienvenue chez les Ch’tis (Giù al nord). Forti della conferma del cast per il prosieguo delle avventure di Mattia, l’innamorato differenziato di Castellabate, l’assicurazione da parte del regista che non ci sarà un Benvenuti ad est è fondamentale! Perché nel sequel del film, che lo scorso anno ha incassato 34 milioni di euro, ci sono tutti gli elementi che hanno reso Benvenuti al sud divertente, brillante, ironico, solare, ma la resa finale dell’ultimo film di Miniero è deludente. La sceneggiatura di Benvenuti a nord non regge! A nulla valgono le prove dei bravissimi Siani (Mattia) e Bisio (Alberto), la doppia interpretazione di Angela Finocchiaro fantastica sia nel ruolo della moglie pretenziosa (Silvia) che in quello della suocera intollerante (Erminia), e la partecipazione di un dispotico Paolo Rossi, che riesce benissimo nella parte del nano ansiogeno. Ma la storia si perde, è “scumbinata” come si direbbe a Castellabate, il paese della costiera cilentana, che rappresenta il sud in entrambi i film.
I cliché che si ribaltano in Benvenuti al sud creano lo scompiglio del protagonista e il divertimento del pubblico, mentre il prosieguo non rende giustizia a una storia che nel suo essere inverosimile si aggrappa a una trama spezzettata e senza un vero continuum. Tutto si regge sul ribaltamento dei ruoli, il che non fa cadere gli stereotipi rispetto al milanese tipico, né a quelli che riguardano il campano spaesato tra i ritmi incalzanti, l’ape e una cena a base di pesce crudo e riso. Di ridicolo ci sono le espressioni, le scenette tra i protagonisti, ma sono sprazzi. La storia si chiude in modo frettoloso e senza un particolare approfondimento. Anche il nuovo personaggio, interpretato da Paolo Rossi (Palmisan), un antipatico nanetto malato del controllo e dell’efficienza potrebbe essere un topos su cui riversare le nuove frustrazioni da part-time con una produttività full-time più straordinari, ma è poco approfondito, quindi non ridicolo e ironico come sarebbe potuto essere dato anche il calibro dell’attore.
Le gag comiche non mancano, ma ci deve essere una storia in cui ci si può riconoscere per poter ridere dei propri compartimenti stagni, altrimenti è come raccontare una barzelletta o guardare una pubblicità, mondo da cui proviene Miniero.
Rossana Calbi
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