Grimmless, favole senza lieto fine
[TEATRO]
ROMA- Al Teatro India di Roma Grimmless, il duo Ricci/Forte trasforma le vecchie favole in incubi senza via di scampo. Le favole dei fratelli Grimm, quelle di un tempo, quelle che ci hanno affascinato da piccoli, hanno fornito un valido spunto al duo registico più sfacciato e crudo degli ultimi anni.
Se il nostro passato era con i Grimm, oggi il presente è senza: Grimm-less, appunto, per una società oscura, cupa, che perde di strada virtù e serenità per trasformarsi in un incubo senza fine. Senza lieto fine. Dove morte, vuoto, fratture, precarietà e assenza di valori ci hanno condannato a vivere da soli, concentrati su noi stessi, desiderosi di linfe vitali da succhiare al nostro vicino/amico. Noi, artefici e utenti di tal destino: sopravvivere senza credere più a nulla.
Infanzia lacerata, senza punti di riferimento. Non ci sono orchi, non esistono streghe cattive, non si incontrano mele avvelenate: il male risiede in noi, muffe e parassiti di una società senza via di scampo. Il duo Ricci/Forte crea da questo voto esistenziale un nuovo urlo di dolore, di quelli strazianti che ti penetrano dentro lasciandoti “nudo tra i nudi”. La casa di marzapane diventa la scena di un delitto, ricostruita con una casa di Barbie resa plastico alla Bruno Vespa con tanto di dettagli macabri e spettacolarizzazione del dolore. Come uomini e anime alla mercé di sanguisughe dello show-biz. Cenerentola si specchia nella matrigna, vittima della sua forma, mentre Biancaneve diviene oggetto di una psicanalisi vivisezionante.
Senza punti di riferimento, senza controllo, i protagonisti scappano, fuggono, ballano, si picchiano, come burattini pronti a vendicare il controllo plagiante subito negli anni. E poi si uccidono, per poi riprendere vita per disseminare ancora più morte. Lo fanno mischiando coreografie a ballate pop-dance, truccandosi e dimenandosi, sempre con il loro bagaglio in mano, sempre pronti a fuggire e a dimorare in senza luoghi e senza tempi. E gli ospiti accomodati rimangono lì, basiti, tra un sorriso ed uno spavento, spettatori di delitti, di violenze, di vuoti e di strappi animali all’anima.
Possono piacere o meno, questi enfant terrible del teatro italiano, che mietono tanti successi anche all’estero. Ma colgono il segno, sempre. Con cinismo, cattiveria, follia. Ed usano i nudi ed il sesso per accattivare ed estetizzare senza armonie il palco e la pièce. Eppure ci mettono il cuore in tutto quello che fanno. Un cuore grondante sangue, strappato, lacerato, a pezzi. Ma comunque un cuore.
Francesco Salvatore Cagnazzo
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