Per Elisa
ROMA- Per Elisa accetti l’uscita di due album nel giro di un anno. Per Elisa, compri il primo, contenente tracce dal sound poderoso come “Vortexes” o brani intensi come il duetto con Antony Hegarty in “Forgiveness”, e ti rassegni al fatto che venga immolato alle classifiche estraendo singoli in italiano, sicuramente meno rappresentativi del lavoro complessivo.
Per Elisa ascolti l’altro, Ivy, un’antologia dal concept simile a Lotus, uno degli album più apprezzati da critica e fan della cantante friulana, ma prodotto per essere strenna natalizia e quindi con una tracklist scontata, con nuove versioni acustiche di brani già acustici, che scivolano via monocordi.
Per Elisa spendi una bella cifra pur di assistere alla prima data del suo tour nei teatri, che prevede sempre due concerti con due scalette diverse, ma il costo elevato del biglietto, di cui Elisa stessa si rammarica, difficilmente consentirà di assistere a entrambe.
Ma quando le luci nell’elegante sala dell’Auditorium della Conciliazione di Roma si abbassano per lasciar filtrare solo i guizzi di luce riflessi dagli strumenti sul palco, ricordi perché hai fatto tutte queste cose per Elisa.
Lontana dalla TV a cui sempre più spesso è costretta dalla promozione incessante degli album, Elisa è tutt’altro che timida ed insicura come appare: sul palco, in un allestimento che vuole esaltare i materiali naturali come il legno di cui sono fatti molti strumenti, il folletto di Monfalcone è la grande protagonista, grazie anche all’affiatamento totale con i membri della band e con le coriste di supporto.
Lontano dalle esibizioni televisive, anche il timbro torna potente e incisivo come lo ricordiamo: in oltre due ore di concerto, non si registrano errori e la voce sale altissima o scende in sussurri senza mai incertezze. La sensazione, forse suggestionati dai piani sequenza di sfondo che ci immergono in languidi boschi, o per la posizione con cui si siede al centro dello spazio a gambe divaricate per battere il tempo, è che Elisa sia quasi uno sciamano che cerca il contatto con la terra attraverso la melodia e che usi note e voce per connettersi al pubblico.
La sua performance è un rito che la rende tutt’uno con la sua musica, uno spettacolo che inizia con sonorità acquatiche, con l’arrivo sul palco e l’esecuzione di “I never Came”, “Some time ago”, “Eppure sentire”, “Gift”, e che pian piano cresce d’intensità e ritmo, come una fiamma che si accende, come il fuoco simbolo della scaletta del secondo concerto. Dopo un interludio che registra la partecipazione delle voci bianche del Coro Vivaldi di Roma, a cui la cantante lascia spazio in “Almeno tu nell’universo”, per “Femme Fatale” e “Together”. Elisa è ormai in piedi, si muove a modo suo, seguendo un proprio ritmo, come ama fare quando le telecamere non la ingessano. La versione proposta del suo primo successo, “Labyrinth”, ha un gusto tribale, quasi gitano, da Gogol Bordello.
Gli inediti vestiti polistrumentali di vecchie tracce come “Chameleon”, “Rock your soul” e “Bitter words” fanno felici i fans d’epoca, che conoscono tutto il repertorio di una carriera lunga già, si fa fatica a crederlo, 14 anni. Prima del bis c’è tempo anche per la presentazione e i ringraziamenti, che si trasformano in uno show nello show, grazie ad un’artista che si concede al pubblico senza maschere o sovrastrutture.
Si torna a casa soddisfatti per un concerto di qualità e, naturalmente, per Elisa.
Diego Corra
Foto di Federico Ugolini
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