Hiram Meza: artisti (di strada) si nasce
Hiram è un ragazzo cileno di 25 anni che dopo il liceo ha deciso di trasferirsi in Italia. Partecipa al MArteLive già nell’edizione 2007 senza arrivare alle serate finali, per ripresentarsi tre anni dopo e vincere il primo premio della Sezione Arti Circensi. Lo abbiamo incontrato al ritorno da una convention di giocoleria a Firenze, in una giornata freddissima: “Che freddo, non mi piace per niente l’inverno!” infatti esordisce Hiram.
Certo, Hiram, venendo dal Sud America sei abituato ad un clima diverso. Come mai ti sei trasferito in Italia?
Dopo aver finito il liceo in Cile ho deciso di raggiungere mio padre, che abita qui ormai da alcuni anni. Sono arrivato cinque anni fa a Roma dove ho studiato alla Scuola Internazionale di Comics.
Ah! Sei anche un disegnatore allora?
Sì, da quando ero bambino ho sempre pensato di fare l’artista: non volevo “lavorare” (ride N.d.R.)!
E cosa fai per vivere?
Riesco a vivere disegnando e con gli ingaggi dei miei spettacoli. Sono fortunato, perché riesco a vivere di questo che per me non è un lavoro, ma la mia passione.
Come sei arrivato all’arte di strada?
La giocoleria l’ho imparata da un amico quando ero a scuola, lui mi ha insegnato ad usare le palline e poi ho continuato da solo. Vado alle convention e mi alleno con altri artisti di strada, ma non ho mai seguito dei corsi. Ciò che conta è allenarsi tanto e con continuità, è come per il canto o per uno strumento musicale e per tutte le altre forme di arte.
Sei un autodidatta, insomma. E per la parte di clownerie?
Sempre a scuola ho seguito per diversi anni un corso di clown e teatro, molto simile però a quello che si vede al circo.
Perché ti è piaciuta tanto l’arte di strada da impegnarti da solo così a fondo?
La cosa più bella per me è prendere la vita con il sorriso. Personalmente poi è un atteggiamento naturale, perché noi cileni amiamo molto scherzare tra di noi e prenderci in giro. Mi piace fare il buffone!
Come mai ai deciso di partecipare al MArteLive?
Ho saputo del MArteLive tramite un amico. Ero arrivato da poco in Italia, era il 2007, e ho avuto voglia di provare. Non avevo mai partecipato ad una selezione con una giuria che doveva giudicare uno spettacolo mio, di solito tra artisti facciamo delle gare di giocoleria, ma si tratta solo di chi riesce a lanciare le palline, ad esempio, per più tempo degli altri senza fare errori. Mi sono iscritto una prima volta, ma non sono andato molto bene. Ero arrivato da poco, non conoscevo molte persone, e anche con la lingua non ero ancora sicuro. Ero molto timido per questo, perché mi trovavo in un ambiente nuovo. La seconda volta, invece, sono tornato con più convinzione, mi sono preparato bene e ho fatto molto allenamento. Mi sentivo più sciolto.
Parlami dello spettacolo che hai presentato…
Mi sono esibito con due spettacoli diversi, uno era all’interno sul palco e l’altro era di fuori all’ingresso. Non hanno un titolo, ho unito la giocoleria con diversi attrezzi al teatro di strada e alle clownerie. Ho preparato i diversi momenti in un canovaccio, ma poi, come faccio sempre, ho lasciato molto all’improvvisazione. Di solito chiamo qualcuno del pubblico e nascono scene improvvisate a seconda di chi capita e di come si sviluppa quel momento.
Nella tua esibizione durante la finale ti sei fatto fustigare da una ragazza del pubblico ogni volta che facevi cadere una clavetta. Ovviamente in quel caso la caduta era funzionale, ma come ti rapporti all’errore durante gli spettacoli?
La paura di sbagliare c’è sempre, naturalmente. Certamente se si esegue uno spettacolo di sola giocoleria l’errore è molto più visibile e può creare più problemi. Le prime volte mi innervosivo molto quando mi capitava di sbagliare. Inserendo nello spettacolo l’aspetto clownesco, però, è più facile rimediare, improvvisando per trasformare l’errore in un momento comico, in una possibilità in più per lo spettacolo, quindi. Il fatto di vestire i panni di un personaggio allenta la tensione che puoi provare. Inoltre è più semplice ancora durante uno spettacolo in strada totalmente improvvisato, piuttosto che su un palco durante un’esibizione preparata in cui c’è anche la musica di accompagnamento.
Preferisci esibirti in strada o sul palco?
Sicuramente preferisco la strada, perché si sente di più l’energia che si crea e il rapporto con il pubblico è immediato, tutti sono più vicini. Certo è anche più difficile, perché devi attirare le persone e non sai mai se si fermeranno a guardare oppure ti ignoreranno. Nel dubbio devi sempre pensare positivo: io ho iniziato a fare dei begli spettacoli coinvolgenti dopo circa tre anni. Inizialmente mi esibivo senza musica ed era tutto più complicato, poche persone si interessavano. Era più difficile, ma allo stesso tempo mi è servito per sviluppare il mio personaggio in maniera interessante. È stato un bell’allenamento.
Come si trova un artista di strada a Roma? Come venite giudicati?
Qui a Roma devo dire che questa forma d’arte non è ancora né molto diffusa, né apprezzata. Il boom della giocoleria è stato in Argentina negli anni ’90, poi si è diffusa nel resto del Sud America. In Cile l’arte circense ha una buonissima reputazione, e per le strade c’è molto apprezzamento da parte del pubblico, che in generale si interessa e partecipa rendendoti più motivato. Inoltre qui in Italia gli artisti stessi tendono ad allenarsi per conto proprio, quasi a non voler mostrare agli altri le loro tecniche. Nel mio paese è tutto più condiviso e ci si allena sempre tutti insieme, anche in tanti.
Un disastro insomma…
Quello che mi piace dell’Italia, come in altri paesi dell’Europa, è che gli artisti prendono molto sul serio gli spettacoli e li preparano a fondo. Ci lavorano tanto perché ci puntano molto di più, rispetto invece al mio paese dove ci si allena e ci si esibisce ma senza un’organizzazione vera e propria. Questo mi piace, perché mi ha aiutato nel perfezionamento delle esibizioni. Da nove anni ho intrapreso questa strada e solo da tre, e da quando sono qui, ho messo in scena degli spettacoli validi, come ho detto prima. Questo dell’Italia mi piace.
Cosa stai preparando adesso?
Sto pensando ad uno spettacolo più incentrato sul personaggio-clown che sulla giocoleria. Conosci Jacques le Coque? È un clown, ma non di quelli esagerati e buffi come quelli del circo, piuttosto è un personaggio che usa esclusivamente l’espressività del corpo, la gestualità e tutte le potenzialità della mimica facciale. Voglio sviluppare proprio questo tipo di personaggio muto, ma estremamente comunicativo.
Allora, dove possiamo cercarti per assistere ad un tuo prossimo spettacolo di strada?
Di solito sono a Piazza Navona e a Trastevere. Per Natale e Capodanno mi sono esibito sui tram, insieme ad un amico musicista: lui suonava la chitarra e io con le maracas facevo, come al solito, il buffone! In questi giorni però non sono in strada…
Perché?
Fa troppo freddo!!!
Francesca Paolini
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