Quarant’anni senza Hendrix
[MUSICA]
ROMA- Sul palco del Monterey Pop Festival bruciava, rilasciava energia, note e fiamme, quasi volesse sprigionare tutta la musica rimasta nelle dita di Jimi. Fu così che la Fender Stratocaster passò alla storia, fu così che il blues venne sradicato dal suo humus per rinascere con una veste nuova e ricca di contaminazioni.
La verità, se vogliamo dirla tutta, è che Jimi Hendrix, al secolo James Marshall Hendrix, non se n’è mai andato. Se è pur vero che dietro la sua morte ancora oggi aleggiano misteri irrisolti, ci piace pensare che quella nebbia purpurea, duplice metafora d’amore e di eccessi, rimanga ancora nell’aria. Oggi il mito del chitarrista di colore rivive in mostre, installazioni a tema, e nei tanti omaggi che arrivano dai musicisti di tutto il mondo. E’ il Remembering Jimi Tour a portare la sua musica in Italia. Approdare a Roma, presso il Jailbreak sembra tappa obbligata. La Hendrix Family ha fatto le cose per bene, a giudicare dalla band scelta per commemorare la musica del chitarrista mancino. E’ Randy Hansen, a raccontare in note molti dei successi di Hendrix. Il musicista, anch’esso originario di Seattle, mantiene integra l’arte funambolica di Jimi, costruendo un tessuto musicale fatto di timbriche e sonorità molto simili a quelle dell’epoca. Randy è il suo emulo più riuscito, e in effetti è il suo rovescio perché suona con la destra e non con la mano del diavolo, come Jimi aveva imparato, ma offre uno spaccato della Experience piuttosto convincente.
Al suo fianco il fratello più piccolo di Hendrix, Leon, che superate in parte le combattute vicende familiari, si è lanciato in questo tour, all’insegna del ricordo del fratello.
La storia di un ragazzo di colore, figlio di un’indiana Cherokee che amava il blues di Muddy Waters e impazziva per le composizioni di Bob Dylan rivive oggi negli sforzi, a volte un po’ troppo circensi di un trio ben collaudato. Si passa da “Foxy Lady” a “Little Wing”, dalla cover di sempre, ovvero “All along the watch tower”, a singoli incendiari come “Fire”. Leon offre il suo saluto al fratello facendolo rivivere nelle parole di “Hey Joe”, altro cavallo di battaglia che Jimi usava suonare alla sua maniera. Gli spunti per tornare negli anni sessanta sono molti e il video proiettato in attesa del concerto ha permesso ai tanti giovanissimi accorsi, di saggiare alcune delle più belle esibizioni di allora. Quella “chitarra stuprata”, come ironizzava Carlo Verdone in un suo noto film, quella chitarra ha fatto il giro del mondo e ha insegnato a generazioni di chitarristi in erba a suonare il blues e il rock.
Federico Ugolini
Foto di Federico Ugolini
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