La ragione degli altri
[TEATRO]
ROMA- Dal 17 al 20 novembre i Teatri di Cintura di Roma – Teatro Quarticciolo e Teatro Tor Bella Monaca- hanno ospitato la pièce pirandelliana La ragione degli altri per la regia di Giovanni Anfuso, portata per la prima volta in scena nel 1915.
Nel contesto storico del ventennio fascista, quella dello scrittore agrigentino è un’opera che scardina il tradizionale naturalismo teatrale che presentava un fatto drammatizzandolo, arrivando invece a prescindere da esso per indagare le relazioni psicologiche che si intrecciano nel dramma del vivere quotidiano.
Il dramma parte dal tradimento di un marito borghese, Leonardo Arciari, giornalista e tormentato scrittore, che, forse spinto dalla sterilità della moglie Livia, intreccia una relazione con un’amante di gioventù, Elena sua cugina, dalla quale ha una figlia. Volendo interrompere tale relazione, l’uomo non si dà pace per l’abbandono che la piccola nata dovrebbe soffrire e soprattutto per l’incredibile reazione della sua compagna ufficiale, la quale continua mestamente a volerlo nella loro casa come se nulla fosse stato. Il padre di lei, sconcertato dalla rivelazione del tradimento, resta ancora più interdetto per il comportamento irragionevole – ai suoi occhi- della figlia: perché mai sopportare tale umiliazione? Questo “Perché mai” è la domanda che tutti i protagonisti si fanno di volta in volta a fronte del comportamento, che ognuno assume all’interno della situazione. Le ragioni degli altri sono sempre inspiegabili e assurde alla nostra mente, in fondo così ostinatamente restia a qualunque altro ragionare che non sia il proprio. Mentre Livia continua a giustificare il senso del dovere del marito nei riguardi della figlia, Leonardo si lacera nel senso di colpa verso una donna che ai suoi occhi altro non è che una santa e che finisce con l‘amare ancora più profondamente.
Così Livia annullando le sue ragioni di moglie per le ragioni di padre di Leonardo, finisce per arrivare ad una terribile quanto logica conclusione. Visti i suoi obblighi di marito e padre, l’unica soluzione affinché nessun torto venga inflitto è quello di prendere con sé la bambina, in modo che Leonardo possa svolgere il suo ruolo di padre all’interno della loro agiata vita familiare.
La spiegazione addotta per convincere Elena, la madre, è tremendamente logica: se lei ha potuto avere una relazione con un marito non suo, non sarà assurdo che Livia possa vivere il ruolo di madre con una figlia non sua. Con le lacrime agli occhi e nella disperazione più profonda, Elena non può che accettare la ragione di Livia – l’ennesima ragione degli altri- rinunciando al suo ruolo materno e concedendole sua figlia.
Non c’è felicità nella vittoria di Livia, né soddisfazione nell’adeguamento di Leonardo: la loro personalità si è annullata nella volontà di qualcun altro, rendendoli simili ad automi che rispondono a leggi che li prescindono.
Francesca Paolini
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